Ecco perché Milano può essere il vero laboratorio liberale

Attualità Milano

Milano 19 Aprile – Che Milano sia un laboratorio politico è sotto gli occhi di tutti. E’ l’unico grande Comune italiano nel quale, in una logica bipartisan, si può dire che si faccia ancora politica, nel senso più ampio e profondo del termine. Dalle pure strategie “di partito” alla messa a punto di idee e progetti per la città. Lo si fa, più o meno diversamente, in entrambi gli schieramenti – centrosinistra e centrodestra – e questo è un bene, una garanzia, anche ma non solo, di una sana alternanza democratica.

sinistra, con o senza le polemiche tra correnti, si è scelto un candidato sindaco che, piaccia o meno, pur benedetto da Matteo Renzi, è stato scelto da primarie non troppo partecipate ma tutto sommato – cinesi compresi – “pulite” e ben riuscite. Un nome, quello di Giuseppe Sala, che ha creato divisioni e dialettiche accese, ma, questo, si sa, fa parte di quel morettiano “facciamoci del male” a cui la sinistra in generale fa molta fatica a rinunciare. coalizione Parisi1

Nel centrodestra, da una situazione che pareva disperata e in un clima che sembrava si fosse arreso ad andare incontro ad una disfatta che fosse il meno dolorosa possibile – per i partiti, non certo per un eventuale candidato “di bandiera” che si sarebbe condannato al suicidio politico – si è arrivati ad una specie di miracolo. E, visto cosa sta succedendo, almeno per ora, a Roma e in altre città che il 5 giugno vanno al voto, non è per niente fuori luogo definirlo tale. Stefano Parisi non solo è riuscito a tenere insieme una coalizione che pareva resistere – ultimamente in maniera un po’ affannosa tra l’altro – solo in Regione Lombardia, ma è anche riuscito, almeno sulla carta, a ritagliarsi la sua autonomia dai partiti. Un’indipendenza che rivendica ad ogni intervento pubblico, in ogni intervista. E che, finalmente, si è vista sabato alla presentazione della sua lista civica al teatro Franco Parenti.passera-parisi-albertini---fb-210 (1)

Il messaggio, partendo da un programma per la città che è una bozza di agenda liberale, è stato quello, lo ha rimarcato più volte l’ormai alleato Corrado Passera, di iniziare da Milano per farsi trovare pronti, di fronte ad eventuali prossime elezioni con l’Italicum, con una grande realtà politica di centrodestra. Milano come grande laboratorio politico liberale, dunque. Così come nel 2011 la città fu il fulcro di un progetto, quello della sinistra di Pisapia che, salutato con grande entusiasmo, non ha evidentemente dato i frutti sperati, il 2016 può segnare un momento analogo per il centrodestra. Con in aggiunta, rispetto alla realtà arancione che si è replicata solo in poche altre città e non ha mai trovato una sintesi nazionale, l’ambizione, su questo modello di coalizione, di idee e di programmi, di costruire il centrodestra del futuro. A chi chiede, come ha fatto ieri il Corriere della Sera, se si sente il nuovo federatore del centrodestra, Parisi risponde che no, ci sono cinque anni per fare il sindaco di Milano. Ed è giusto così perché è soprattutto su questo piano, qualora Parisi dovesse arrivare a Palazzo Marino, che si misurerà la sua indipendenza dai partiti. Autonomia che gli permetterà, nel caso, di realizzare quei progetti che non siano ostaggio dei partiti e delle solite vecchie logiche spartitorie. E’ un’idea ambiziosa e un compito molto difficile – se si fanno i conti con il peso che avrà, ad esempio, la Lega Nord di Matteo Salvini con le relative conseguenze su alcune scelte strategiche per la città – ma per nulla impossibile.

Federica Vanni (L’Intraprendente)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.