Milano 25 Aprile – Buio, a Parigi. Un preziosissimo quadro viene caricato dentro a un furgone di massima sicurezza che parte a tutta velocità dal Louvre. Quando si aprono le porte del baule e La bella Ferronière approda a Palazzo Reale per essere ammirata da centinaia di migliaia di persone, è l’alba. Inizia così il sorprendente docu-film Leonardo da Vinci, il genio a Milano, dal 2 al 4 maggio nelle sale italiane e poi in 50 Paesi, dall’America all’Australia, prodotto da Piero Maranghi per Codice Atlantico, Raicom e Skira editore. Chi era questo artista eclettico? E chi era l’uomo? Ne parlano tutti, nel film, ma lui non compare mai. Lo raccontano esperti d’arte e cultura, ognuno con una chiave diversa, e personaggi che gli sono vissuti accanto a Milano, città dove esplose il suo genio. Vincenzo Amato interpreta Ludovico il Moro, Cristiana Capotondi è la dama con l’ermellino, Alessandro Haber Bramante e Gabriella Pession una strepitosa Isabella d’Este, ad esempio. «Leonardo è un personaggio simbolo, affascinante per il grande pubblico. Ci siamo presi a cuore il compito di tenerne viva la memoria», dice Maranghi.
Incredibile era la sua capacità di osservare, intuire e immaginare: «Portava su carta rivoluzionari progetti molto prima che esistesse la tecnologia per costruirli», fa notare Jacopo Ghilardotti, che ha contribuito alla stesura dei testi. La sua macchina volante era in embrione un elicottero ma non volava, «i suoi robot parevano pazzie e la sua bicicletta fu realizzata solo secoli più tardi — aggiunge ancora Luca Lucini, regista insieme a Nico Malaspina —. Era il più grande dilettante della storia, uno che si cimentava in cento cose senza preoccuparsi che funzionassero o fossero perfette».
Bene lo esprime Vittorio Sgarbi in uno degli interventi più riusciti del film: «Pensatore curioso, voleva arrivare all’essenza delle cose, non aveva bisogno di concretizzare opere finite. Era un fantasista, un Eta Beta con fulmini di idee da suggerire a chi le realizzava», sintetizza il critico. Pittore, scultore, scienziato, musico, esperto di anatomia e fisica, botanico, inventore. Quante cose era, Leonardo? «Conosco la via per vincere gli assedi, scavare tunnel e canali, costruire carri coperti e catapulte. So come realizzare opere d’architettura e scultura e anche dipingere», si descriveva lui in una sorta di curriculum spedito nel 1482 al nuovo committente, il Moro. Ciò che fece passò alla storia, «infinitamente più grande», come ricorda Pietro Marani, curatore della mostra di Palazzo Reale durante Expo. I luoghi milanesi cari al Genio sono diventati set. Compresa Casa degli Atellani, che fa capo alla stessa famiglia Maranghi, dov’è stata ripiantata la sua Vigna, com’era nel ‘500. «Al cinema va la grande arte ma anche — sottolinea il figlio del banchiere scomparso — l’umanità di un personaggio come oggi, forse, non ne abbiamo più».
Elisabetta Andreis (Corriere)
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