Milano 3 Maggio – A quasi tre anni dall’introduzione “su vasta scala” di questo tipo di servizio (per altro originariamente concepito dalla precedente amministrazione), bisogna affermare che il car sharing si sta rivelando un evidente fallimento, almeno se posto a confronto con gli obiettivi dichiarati dell’assessore Maran, e cioè la sostituzione dell’auto di proprietà con quella “collettiva”, cioè “sovietica” secondo il preciso programma di “ridefinizione della nozione di proprietà privata” tanto cario al nostro assessore che, anziché risolvere i problemi concreti dei cittadini, insegue ubbie, ideologie, fanatismi.
1. un primo operatore ha fatto flop, “sospendendo”, dopo meno di due anni, l’attività e lasciando per mesi le vetture in giro per la città: le auto dei cittadini devono sparire, esser vendute, non hanno diritto di cittadinanza, ma un operatore car sharing può usare la città come discarica e lasciare per mesi le proprie vetture inutilizzate a occupare i pochi stalli di parcheggio rimasti (dopo la cura Maran) a disposizione dei cittadini senza che l’assessore dica una parola.
E il Comune, pur essendo venute meno cinquecento vetture di un servizio cui aveva delegato buona parte della mobilità pubblica (limitando l’auto privata e non potenziando i mezzi pubblici, anzi, penalizzandoli con idiozie tipo l’eliminazione della preferenziale alla Triennale in favore della più assurda delle piste ciclabili, per altro non ultimata dopo due anni di lavori, l’apoteosi del grottesco), non ha ridotto le limitazioni feroci all’uso dell’auto privata, rimanendo passivo di fronte a un evidente vulnus nei servizi a disposizione dei cittadini: no auto privata, pochi mezzi pubblici, ciclabili non finite e realizzate dove non servono, poche auto del car sharing;
2. un secondo operatore ha chiesto al Comune di limitare al centro l’area operativa e, ottendendo risposta negativa, ha introdotto una tariffa extra di € 4,90 (oltre alla già costosa tariffa a minutaggio) per chi lascia la vettura nelle periferie, cioè nelle zone già meno servite dai mezzi ATM (e dove in genere ci sono meno uffici). L’amministrazione comunistoide, di fatto se non in diritto, delega parte di un servizio pubblico ai privati e non pone dei limiti contrattuali precisi, in modo che gli operatori, seguendo solo logiche commerciali pure, tagliano fuori alcuni quartieri. Quelli già più svantaggiati, ennesima dimostrazione che questa amministrazione (e così anche la prossima, visto che Sala dichiara di voler confermare Maran nel suo ruolo attuale) vuole costruire una città elitaria, altamente selettiva, preconcetta, fasulla, ideologica, simile ad un giocattolo per benestanti viziati che non hanno problemi di salute e di lavoro, gli unici ad aver cittadinanza in questo sogno partorito da fanatici e che si trasforma in un incubo per chiunque viva (e lavori) nella realtà.
3. Un terzo operatore ha alzato la tariffa per la sosta da 10 cent/min. a 25 cent/min., cioè la normale tariffa che pratica “in marcia” (chi “tratteneva” l’auto in sosta godeva, giustamente, di tariffa ridotta, posto che non ci sono consumo di benzina, freni, olio, ecc.). Ora, se l’obiettivo dichiarato di Maran è far vendere ai cittadini le auto di proprietà (già questa è una follia da dirigismo sovietico, da rieducazione nei gulag, Pisapia e i suoi scombinati amministratori hanno scambiato una città per un enorme campo di rieducazione al comunismo), la scelta di questo operatore è incoerente: se uno non ha l’auto di proprietà, deve poter “trattenere” la vettura “condivisa” anche durante periodi di sosta, per esempio mentre uno è a far la spesa. Altrimenti, il bravo cittadino ecologico (chissà poi perché le auto “collettive” sono ritenute più ecologiche delle altre…) va coi mezzi pubblici al supermercato, esce pieno di borse e non trova alcuna auto “condivisa”. E come torna a casa con i borsoni della spesa?
Evidentemente, deve reperire prima un’auto “collettiva”, andarci al supermercato, lasciarla in “sosta” (quindi indisponibile per altri utenti) in modo da poterla avere quando esce con le borse.
Ma questo operatore scoraggia questa pratica, parificando la tariffa della sosta a quella della marcia.
Ecco, quindi, che i tre principali operatori (cioè quelli che offrono auto vere senza tutte le limitazioni di quelle elettriche) hanno attuato politiche che vanno contro la volontà dell’assessore, perché la scomparsa di un operatore dal mercato, l’introduzione del mostruoso sovrapprezzo per le periferie da parte di un secondo nonché l’aumento della tariffa di sosta da parte del terzo, evidentemente, sono tutte circostanze che allontanano il car sharing dal ruolo di servizio pubblico e di “sostituzione” dell’auto privata, relegandolo a quello che, per altro, dovrebbe essere, cioè servizio complementare. Insomma, una possibilità in più per i cittadini, e non un obbligo come invece cerca di imporre il fanatico Maran che non vuole amministrare e risolvere i problemi, ma affermare le sue stantie idee preconcette, riportare delle vittorie, veder trionfare la sua fanatica ideologia, anche (e soprattutto!) se è più dannosa che altro.
Tuttavia, nonostante le pretese e i vanti di Maran, il car sharing imposto come sostituto obbligatorio dell’auto di proprietà si sta rivelando un totale ed assoluto fallimento, il tutto, ovviamente, in danno dei cittadini che, in questa spirale al ribasso, devono adattarsi a spendere di più per aver meno servizi: la “mobilità dolce”, in realtà, si estrinseca in “immobilità agra”.”
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Alessandro Barra
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