Milano 7 Maggio – Nel corso di questi due mesi una parte considerevole degli undicimila transitati da Aler ad MM saranno contattati per passare ad un nuovo contratto. Sembra una cosa da poco, ma è una rivoluzione. In particolare per chi, entrato con l’equo canone, oggi non ha più una legge nazionale a fargli da scudo. È una fetta di popolazione interessante. Sono entrati in case di edilizia pubblica senza essere poveri. Erano la classe media che ha costruito Milano negli anni 70 ed 80. Non abbastanza ricchi per il libero mercato (almeno secondo qualche Keynesiano dell’epoca) e troppo ricchi per gli alloggi popolari. Ho parlato con alcuni di loro nelle ultime settimane, e le storie sono davvero stupefacenti. All’epoca in casa ci entrava solo chi aveva due stipendi, od uno stipendio doppio rispetto alla media. Negli anni 80, ad esempio, servivano 18 milioni. E lo Stato si voleva assicurare, sopra ogni altra cosa, che tutti pagassero. All’entrata veniva richiesta caparra. Come uno stabilimento privato. Come un bravo padrone di casa. Che fin da subito si dimentica di riscuotere da alcuni, ma che ci volete fare? È l’antico vizio del pubblico. In ogni caso, l’aspetto fondamentale è che si, era una caparra. E mica scontata, il canone sarà stato equo, ma non era leggero. Passano gli anni, i figli crescono. Il buco nelle casse comunali, dovuto agli affitti non ritirati, anche. Così si decide di dare in gestione alla Romeo il patrimonio immobiliare. Non mi dilungherò, ma non è andata bene. L’esatto contrario direi. Poi subentra Aler. Anche qui non è che si facciano scintille. Nel frattempo ci si accorge che il buco va riempito. E il buco va riempito. Quindi dalla Regione arriva una nuova legge. L’equo canone, intanto è morto. Così quella legge, la 27/2009, diventa la sola a regolare i canoni. Da allora, dopo 7 anni, si decide di applicarla alle case che, nel frattempo, sono passate con Metropolitane Milanesi. Questo porta a due problemi. Uno inevitabile. Gli affitti, in una grossa fetta di casi sono destinati a crescere. E non di poco. Affatto. In alcuni casi raddoppiano. In altri triplicano. Restano, di poco, sotto quelli di mercato. Ma in molti casi sono insostenibili. E poi arriva la beffa. Il classico caso di mala burocrazia Italiana.
Per avere il nuovo contratto, e quindi non diventare abusivi, va versata una caparra di tre mesi. Un’altra caparra. La seconda. La prima, per il momento, sta meglio dov’è. Cioè in cassa comunale. Dopotutto MM è solo un gestore, no? Col cavolo, è una partecipata del comune, cosa vuol dire che “è solo un gestore”? Niente. Inoltre, siamo onesti, c’è gente che per riavere 55 euro dal comune sta aspettando da più di due anni, quando mai le rivedranno quelle vecchie caparre? Mai è una buona approssimazione. Il Comune non si sa cosa ne pensi. MM pensa solo a far cassa. Vedremo come evolverà. Di certo sa di beffa. Ah, per la cronaca, le nuove caparre, ovviamente, sono calcolate sui nuovi canoni. Che non sono certo bassi. Per dire, eh.
Una nota in chiusura. Mi si riferisce che la Rozza avrebbe detto semplicemente di non firmare ed attendere gli eventi. Io non ci credo, lo dico subito. Ma una smentita ufficiale non farebbe male, non credete?
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,