Milano 18 Maggio – Oggettivamente queste elezioni verranno ricordate come le più altalenanti di sempre. In effetti sono oscillate parecchio, avanti ed indietro, su e giù. Prendete, ad esempio, il caso delle liste rifiutate. La legge prevede alcuni requisiti di validità. Non sono tutti uguali. Le firme, ad esempio, devono proprio essere autentiche ed autenticate. Questo è un requisito di primaria importanza. Come anche il loro numero. Altri requisiti sono meramente formali. Per esempio se manca un certificato di godimento elettorale si può consegnarlo entro 24 ore dalla rilevazione dell’ufficio. Ovviamente in mezzo ai due estremi c’è un abisso ed ogni volta che esce una nuova norma questa vi cade, risalendo con fatica da una delle due sponde. Fratelli d’Italia ha avuto un problema con i moduli per la accettazione delle firme da parte dei candidati.
Siccome il simbolo era lunghissimo da descrivere (forse lasciare giù il simbolo di AN nella fondazione non sarebbe stata una cattiva idea, dopotutto), è saltata la clausola finale che riguardava la Severino. La Severino si applica quest’anno per la prima volta a Milano, quindi ci stava che nessuno se ne accorgesse. Appena rilevato il problema De Corato aveva subito rimediato. Ma qualcosa è andato in cortocircuito. Nel dubbio, la domanda che ci si dovrebbe sempre fare è “cosa giova maggiormente alla democrazia?”. Nel caso delle firme false, mancanti o non autenticate la risposa senza dubbio è che la lista deve essere eliminata. Prima di tutto viene la correttezza sostanziale. Inoltre il motivo per cui quella norma esiste è deflazionare la competizione elettorale. Mille liste rendono il sistema instabile ed impediscono la governabilità e la rappresentatività effettiva. Quindi se il problema è quello, nessuna pietà. Ma autodichiarare che non vi siano motivi ostativi, come sentenze passate in giudicato ad esempio, all’eleggibilità rientra in questa categoria? Il buonsenso ed il Consiglio di Stato dicono entrambi di no. La vera domanda è cosa possa aver fatto pensare al Tar ed alla commissione elettorale, per ben due volte, il contrario. Il fondato sospetto è che siamo di fronte ad un insulso giacobinismo di ritorno, in cui si sta imponendo il feticcio della legge. Svuotata da ogni contenuto più alto, sradicata dalla solida base del diritto, la forma vuota e tirannica del diritto positivo guarda con occhi vuoti e severi i sudditi ai suoi piedi. Minacciando eternamente di cadere loro in testa. Ecco gli organismi di cui sopra hanno dondolato l’idolo nella speranza che schiacciasse gli infedeli. Coloro che ne avevano violato l’oscura santità.
Poi qualcuno, il Consiglio di Stato nella fattispecie, s’è domandato se tutto questo avesse senso. Ovviamente non ne aveva e sono stati tutti, o quasi, riabilitati. Ha vinto il principio, questo sì radicato nel diritto e colmo di significato, che la libertà dell’elettore non potesse essere compressa senza buone e fondate ragioni. Così, a Milano, possiamo riabbracciare i Fratelli che credevamo perduti ed invece sono tornati. E con loro salutiamo la libertà che, caso unico, un giudice ha tutelato persino in questa terra benedetta che non conosce la giustizia.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,