Se Pisapia teme per il «dialogo interreligioso», cominci a guardarsi in casa

Cronaca

Milano 19 Maggio – Lunedì Giuliano Pisapia ha voluto esprimere (con una preoccupazione più da papa che da sindaco) tutta la sua apprensione per il destino del «dialogo interreligioso» a Milano, che risulterebbe minacciato qualora alle elezioni di giugno in città dovesse prevalere il centrodestra.

«XENOFOBIA». A provocarlo, per la verità, è stato Basilio Rizzo. Volto simbolo della stagione “arancione” meneghina e ora candidato sindaco della sinistra alternativa a quella di Beppe Sala, Rizzo ha accusato Pisapia di essersi messo ad appoggiare un candidato (Sala, appunto) che in realtà non ha mai sostenuto, e ha detto che l’ex commissario Expo è agli occhi della sinistra una «fotocopia» dell’avversario Stefano Parisi. È proprio per respingere queste imputazioni del compagno Rizzo che Pisapia, intervistato dall’agenzia Omnimilano, ha detto: «È la squadra che fa la differenza. Un conto è avere in squadra persone che hanno lavorato con me, assessori che hanno valori di sobrietà, rispetto della legalità, attenzione ai soggetti più deboli», tutt’altro conto è invece lavorare con il centrodestra, gente improntata secondo Pisapia a «autoritarismo, xenofobia, paura verso il diverso», con «elementi che addirittura vogliono far diventare la nostra città senza dialogo interreligioso».

MARYAN E SUMAYA. A questo proposito, però, è proprio «la squadra» che sostiene Beppe Sala (cioè la stessa in cui gioca Pisapia) la prima a doversi chiarire le idee. Lo dimostra, come abbiamo già segnalato a fine aprile, il caso delle due donne musulmane candidate nella lista del Pd, Maryan Ismail e Sumaya Abdel Qader, simboli di due visioni dell’islam radicalmente opposte, forse addirittura incompatibili. Ma un chiarimento urge a maggior ragione dopo che ieri su Libero è uscito un ritratto non esattamente tranquillizzante di Abdallah Kabakebbji, che di Sumaya Abdel Qader è il consorte.

«CTRL+ALT+CANC!». Di professione dentista, origini siriane, Abdallah secondo Andrea Morigi, autore dell’articolo di Libero, ora che sua moglie è scesa in politica «ha scelto una strategia comunicativa più istituzionale. Peccato che non abbia ancora deciso di togliere di mezzo, benché siano visibili soltanto ai suoi amici di Facebook, i post nei quali dichiara che “Israele è un errore storico, politico, una truffa. In caso di errore che crea danno, sai cosa si fa a casa mia? Ctrl+Alt+Canc!”».

FAN DI HAMAS? L’uomo, continua Libero, parla dello Stato ebraico come «entità sionista chiamata Israele», rilancia sui social network messaggi bellicosi di membri eminenti di Hamas (movimento terrorista inserito nella lista nera dell’Unione Europea che governa la Striscia di Gaza «con la violenza e l’intimidazione») e di «noti predicatori di odio verso Israele come Youssuf Al Qaradawi e Tareq Al Suwaidan».

TOLLERANZA. Certo, alle accuse di Libero occorre replicare, come del resto fa lo stesso Morigi, che «il Pd ha candidato sua moglie e non lui». Per di più nei giorni scorsi Sumaya è stata fatta oggetto di una specie di fatwa via Facebook da parte del gruppo estremista “Cronache islamiche”, il che naturalmente le fa onore, oltre a richiedere che siano svolte dalle autorità le indagini più accurate. Tuttavia, per tornare al tema «dialogo interreligioso» caro a Pisapia, non si capisce perché una candidata che ha fatto del «dialogo» la sua bandiera non voglia mai prendere fino in fondo le distanze dai Fratelli Musulmani (nemmeno quando affronta direttamente l’accusa di farne parte). E certo non contribuisce a spazzare via le ombre il fatto che suo marito, secondo Libero, scriva quel che scrive su Israele e contemporaneamente si definisca «cofondatore della Gioventù Musulmana Italiana» e «tollerante nella vita». (Tempi)

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