Milano 26 Giugno – Sono costernato di dover partire subito a contraddire il sindaco di ben il 20% dei Milanesi, ma ho davvero una brutta notizia per lui. No, la Brexit non è in alcun modo un’opportunità per Milano di attrarre gli “headquarters” di grandi società in fuga da Londra. In primis perché è tutto da vedere se, per caso, non assisteremo ad un moto ostinato e contrario di imprese che fuggono dalla gabbia di matti più grande al mondo e vanno verso le colline Inglesi. In secondo luogo, dovendo scegliere dove andare, solo un idiota metterebbe l’Italia prima di Irlanda ed Olanda, che mi consentono sicure ed interessanti triangolazioni con i Caraibi. Terzo, perché a due passi ho un Lussemburgo con cui posso trattare in anticipo, e con valore vincolante per lo Stato, quante tasse debba pagare. E quarto, caro Beppe, perché, noi, qui, le grandi imprese, come sistema Italia, non le vogliamo.
Si ricorda del caso Bikkemberg? Probabilmente no, le rinfresco la memoria. L’Agenzia delle Entrate di Pesaro, senza prove, senza tenere conto del diritto Comunitario, senza considerare i documenti prodotti dalla ditta e senza alcun riguardo all’attività della ditta si è inventata una società di fatto (un altro elemento bellissimo ed Italianissimo, privo di qualsiasi fondamento nella legge, creazione dei giudici, consente di creare in Tribunale società che non hanno basi giuridiche) ed ha deciso che aveva evaso le tasse fino a quel momento. Sfido, non esisteva. Però riesce a far condannare Bikkemberg. La società vende il marchio. E via, un’altra società che sparisce dal pantheon Italiano. Per la cronaca la Cassazione ha spazzato via le accuse. Tutti quelli che hanno partecipato a questo scempio sono ancora al loro posto. Beh, non tutti. Qualcuno è stato promosso.
Oppure, volendo tornare ai giorni nostri, vogliamo parlare dell’Ilva? Lo stabilimento con l’inquinamento di Schroedinger, ovvero finché a gestirlo sono i privati, allora è una piaga. Poi, appena viene nominato un commissario del Governo, ecco che la cosa va subito meglio. I morti non sono più colpa dell’acciaieria di Taranto e chi la gestisce è addirittura immune. Sì, abbiamo l’immunità ad acta. Perché, senza di quella, fare impresa a Taranto era del tutto i possibile. In tutto questo non si è ancora capito se i morti ci siano, quindi al Governo abbiamo dei criminali che tengono aperto uno stabilimento che ammazza chi ci lavora e chi gli vive vicino, oppure se quelle morti non gravano sullo stabilimento, ed allora c’è un giudice criminale che ha distrutto un’intera filiera senza alcuna base scientifica. Ma il punto è tutto nell’immunità. Per fare impresa stando fisicamente in Italia, bisogna essere immuni. All’Italia, prima di tutto.
Vogliamo parlare di FCA, l’ex Fiat? La famiglia Agnelli, quella che una volta comandava in Italia, la titolare della Feroce, la dinastia dei signori di Torni, ha preferito fare armi e bagagli ed andarsene in Olanda. Governare un impero da Villar Perosa era troppo anche per loro. Magari le tasse riuscivano ad ammortizzarle, anche se si parla di un 70% come punta massima, ma la burocrazia, i rischi giudiziari, la libertà messa a repentaglio ad ogni firma sono stati troppo anche per loro. Oppure vogliamo parlare del calvario di Caprotti di Esselunga, con anche quindici anni di attesa prima di poter aprire un supermercato, se la zona era di competenza Coop? E di quel genio incompreso di Boccia che voleva tassare Google due volte, perché secondo lui era meglio così? No, caro Beppe, no, questo non è paese per imprenditori. Tant’è vero che tu oggi fai il sindaco e non più il manager. Ed un motivo c’è e ci deve essere. Qui hanno più potere i sindaci dei capitani d’industria. Quindi, fossi in te, non aspetterei sveglio le torme di immigrati post Brexit.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,