Milano 6 Luglio – Sono passati solo pochi giorni da quel fatidico 23 giugno in cui – a discapito di tutti i sondaggi – il popolo britannico ha deciso di mettere fine alla propria esperienza nell’Unione Europea. In questi giorni sono state scritti fiumi di parole sulle possibili conseguenze di una tale decisione, soprattutto con particolare riguardo alle ripercussioni che il nostro Paese potrebbe avere da questo evento storico.
A nostro modo di vedere, l’epocale decisione della Gran Bretagna deve essere interpretata nella giusta maniera, e cioè come una manifestazione di insofferenza non verso l’Europa, bensì verso questo tipo di Europa, fatta di numeri, dati, cifre ma priva di valori umani e sociali che, in definitiva, sono l’unico collante per un insieme di persone divise da barriere storiche, etniche, linguistiche ed economiche difficilmente superabili senza quei nobili principi che hanno ispirato i Padri Fondatori dell’odierna Unione.
Proprio questo eccessivo tecnicismo – basato su un rigore prettamente teutonico ed altrimenti incomprensibile alla maggioranza dei cittadini europei – deve essere la chiave di lettura ed il punto di riferimento per il nostro Paese, allo scopo di vincere questa ulteriore importante sfida cruciale per il futuro di tutti.
Ad onor del vero, l’eccessivo tecnicismo burocratico di pretto stampo teutonico è stato da sempre additato dal nostro Presidente del Consiglio come un elemento frenante della crescita non solo italiana, ma di tutta l’Unione Europea. È solo il caso di ricordare le numerose dichiarazioni del Primo Ministro italiano contro l’attuale normativa, che impone agli Stati membri vincoli chiamati “virtuosi” ma che, in definitiva, sono solo dei lacci al piede che limitano fortemente la crescita macroeconomica e che, in definitiva, giovano solo alla linea di rigore scelta ben venti anni or sono dai burocrati della Bundesbank, i quali hanno voluto riversare nella moneta europea la stabilità e l’esasperato rigore, da sempre caratteristiche della valuta tedesca. È altresì opportuno ricordare le numerose e alle volte persino taglienti critiche che hanno fatto eco alle dichiarazioni di Renzi, all’epoca additate come il “classico espediente all’italiana” per evitare il rispetto di virtuosi vincoli di bilancio, ispirati al rigore ed al pareggio contabile. Ebbene, oggi gli autori di quelle critiche devono obtorto collo ricredersi. Non di ricerca di espedienti si trattava, bensì di lungimiranza politica del Primo Ministro italiano. Una lungimiranza che aveva sapientemente individuato il morbo che covava in Europa. Lungi da noi l’intenzione di rimarcare i meriti del Governo italiano: è nostra intenzione, piuttosto, riflettere partendo proprio da queste considerazioni.
Quale lezione, quindi, trarre da questo terremoto politico che ha sconvolto l’Europa?
- In primis, crediamo che i nostri politici debbano da oggi in poi tenere in mente che cavalcare il malcontento popolare additando nell’Europa il mostro da distruggere sia del tutto controproducente. Alcune forze politiche inglesi hanno fatto proprio questo nel corso degli ultimi mesi, e lo stesso Primo Ministro inglese Cameron ha voluto usare l’arma a doppio taglio del referendum per ottenere concessioni da Bruxelles. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la sterlina si svaluta, le Borse hanno lasciato sul campo cifre da capogiro, le banche e le multinazionali preparano i piani per abbandonare la Gran Bretagna, con prospettive di crescita del tasso di disoccupazione interno. Dobbiamo, pertanto, evitare quel populismo di bassa lega additando nell’Europa la causa di tutti i mali, e proponendo l’uscita dall’Unione Europea come la panacea a tutti i mali. La crisi che ha attanagliato le economie globali dal 2008 ha moltissime cause, profonde e difficili da interpretare, e l’Euro non ha né aumentato né ingigantito queste cause: forse, ne ha solo mitigato gli effetti, ma queste valutazioni vogliamo lasciarle agli economisti. Quello che ci preme sottolineare è che tutti quanti noi dobbiamo capire che lasciare la casa comune potrebbe avere conseguenze nefaste ed irreparabili. In effetti, a partire dal 23 giugno, pare essere scomparso dal vocabolario di alcune forze politiche italiane il motto “via da Bruxelles“, improvvisamente sostituito da un altro altrettanto fatuo programma “via dall’Euro“. A nostro modesto parere, non è andando via da Bruxelles o reintroducendo la Lira che si risolverebbero i problemi economici italiani. Occorre umiltà, spirito di collaborazione e, soprattutto, tanta buona volontà per voltare pagina, per creare opportunità di crescita e di lavoro, per garantire un futuro tranquillo ai nostri figli, lasciando da parte divisioni, contrasti e differenze ideologiche. Il Manzoni, con quella sagacia che da sempre contraddistingue i suoi lavori, ci insegna dalle pagine del suo immortale capolavoro che le lotte intestine rappresentano – ora come allora – il male intrinseco dell’Italia e, piuttosto che beccarsi come i proverbiali capponi di Renzo, ci si dovrebbe interrogare sul dove stiamo andando a finire, per poter correggere il tiro e salvarci dall’imminente tragedia.
- La seconda considerazione che dobbiamo analizzare è la nuova trazione della macchina europea. Dopo l’uscita della Gran Bretagna, l’Unione appare davvero a conduzione tedesca. La cancelleria di Berlino, ad oggi, è il vero centro decisionale europeo, con la conseguenza che si va materializzando – a detta di alcuni famosi politologi – una nuova forma di colonialismo teutonico. In altre parole, il motto “Deutschland über alles” si va manifestando sotto altra forma, ma pur sempre con effetti devastanti. La Brexit ci insegna che il rigorismo di bilancio non serve a cementare i popoli, perché blocca la crescita e lo sviluppo. È, quindi, il momento di creare veramente un’unione di popoli, basata su comuni valori etici, sociali e politici, ispirata a quei Valori Fondamentali che animarono 60 anni fa i sottoscrittori dei Trattati di Roma. L’Italia deve farsi portatrice di tali valori, ora come allora! È arrivato il momento di mostrare il carattere e la grinta, caratteristiche tipiche del nostro popolo, per poter creare un nuovo clima in Europa. La diplomazia italiana deve assumere un ruolo guida tra i Paesi del Mediterraneo, facendosi portavoce del bisogno – diffuso e condiviso dalla maggioranza degli Europei – di porre più attenzione alla crescita economica, alla disoccupazione, al recupero ed al potenziamento delle risorse di ogni Paese, e non per valutare ogni Stato con la bilancia da farmacista, in nome di un rigore che giova solo a Berlino. Gli Italiani, maestri di diplomazia, devono ritrovare l’umiltà e la sagacia per creare un’alternativa alla visione d’oltralpe. Solo così l’Europa potrà salvarsi. Questa è la vera partita Italia – Germania, che dobbiamo vincere ad ogni costo. È necessario creare un asse alternativo a quello tedesco, facendo magari leva sulla solidarietà dei cugini neo latini francesi e spagnoli, rilanciando il processo di integrazione europea, ed arginando così le spinte separatiste che già alzano la cresta nei Paesi Bassi come in Finlandia. Un’Europa a trazione tedesca sarà sì tecnicamente perfetta, ma anche paradossalmente invisa alla maggioranza degli europei, con la conseguenza che il castello finora costruito è destinato a crollare. Parigi, Madrid, Roma ed Atene dovranno lavorare insieme per costruire un’alternativa al freddo tecnicismo inespressivo di Berlino: e qui l’Italia può e deve assumere un ruolo guida. Non possiamo perdere questa occasione, motivando l’inoperosità con scelte politiche interne. Ancora una volta la Storia ci mostra la via maestra da seguire: come Cincinnato lasciò il suo aratro per accorrere alla chiamata del Senato e salvare così la patria dal disastro, così le forze politiche italiane tutte devono mettere da parte le discussioni e le rivalità per costruire insieme una valida alternativa a questa Europa che rischia di crollare. E le conseguenze di un tale crollo sarebbero inimmaginabili.
- Vogliamo in ultimo fare qualche considerazione sulla politica internazionale. L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea deve anche farci riflettere sul ruolo dell’Unione e del nostro Paese nello scacchiere internazionale. Registriamo con grande soddisfazione la notizia dell’assegnazione al nostro Paese di un seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a pari merito con i Paesi Bassi. Questo riconoscimento rappresenta la giusta ricompensa per il ruolo attivo dell’Italia nelle diverse crisi mondiali: dalla Siria, all’Afganistan, allo scacchiere mediterraneo, l’Italia è sempre stata in prima linea, sventolando il vessillo delle Nazioni Unite, per la salvaguardia della pace, della libertà e della protezione della vita umana. Tutto questo è frutto del gran cuore degli Italiani, ma i buoni sentimenti non bastano. Come dice il proverbio, l’unione fa la forza e l’attuale scacchiere mondiale richiede una presenza forte ed autorevole. Se l’intera Europa – Germania compresa – vuole davvero contare a livello internazionale – esiste solo una possibilità: rivalutare insieme il ruolo dell’Unione, attribuendo a codesta istituzione sovranazionale il ruolo di guida e di portavoce di tutti i popoli europei. Solo così saremo tutti quanti in grado di far sentire la nostra voce a livello internazionale, proteggendo i nostri interessi, nel comune rispetto del valore della vita e della solidarietà. Da soli siamo destinati a soccombere e questo vale per ogni altro Stato: insieme possiamo contare di più. Non serve una barriera al Brennero, perché la barriera divide e offre una protezione temporanea, che può essere travolta successivamente. Condivisione e lavoro comune sono le chiavi per risolvere le sfide cui siamo chiamati. Ecco allora la necessità di revisionare i Trattati Europei, per rafforzare i poteri dell’Unione e creare davvero quegli Stati Uniti d’Europa che rappresentavano il sogno dei Padri Fondatori dell’odierna Unione Europea.
Riassumendo, le priorità dell’Italia dovrebbero essere, ad oggi: mettere da parte le beghe e le rivalità interne, nella convinzione che la casa comune europea è l’unico scenario plausibile; lavorare a livello diplomatico per creare una coalizione tra diversi Paesi con ampie intese per rilanciare da subito la crescita e la lotta alla disoccupazione; creare i presupposti per una veloce modifica dei Trattati dell’Unione europea, volti a potenziare le istituzioni europee e, contemporaneamente, a limitare la sovranità dei singoli Stati, allo scopo di poter gestire le crisi e le future sfide in maniera efficiente e tempestiva. La sfida è dura ma è proprio nelle situazioni difficili che si fanno notare le virtù e noi Italiani siamo per natura ricchi di virtù: dobbiamo solo fare in modo che tali virtù prevalgano sugli interessi personali, nella consapevolezza che solo così proteggeremo il nostro benessere personale, donando ai nostri figli un futuro più roseo e più tranquillo.
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Prof. Avv. Domenico Lamanna Di Salvo
Ordinario di Diritto Commerciale Università EURO FH Amburgo (Germania)
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