Milano 26 Luglio – Le illusioni sulla ripresa sono finite. I segnali d’allarme si moltiplicano a vista d’occhio e dobbiamo prepararci ad una nuova crisi a partire dal 2017. La terza in otto anni. L’Istat fa sapere che a maggio il fatturato dell’industria è calato dell’1,1% e gli ordinativi del 2,8%. Fuori dalla noia dei numeri queste statistiche indicano che le aziende hanno prodotto di meno (giù il fatturato) e prevedono di produrre ancora meno visto che gli ordini scendono ancora più velocemente. Lo scivolone è sensibile sul mercato interno (-1,1%) e anche peggio su quello estero (-1,2%) con una caduta degli ordinativi che è stata del 5,7%. Il risultato finale è di una tristezza infinita: la ripresa molto stentata del Pil nel terzo trimestre prevista allo 0,2% si ridurrà allo 0,1% e ci sono molti elementi che il rallentamento continuerà per tutta la seconda parte dell’anno. La conclusione è amara: non solo l’economia non sta migliorando ma addirittura rischia di fare un altro passo indietro rispetto all’anno scorso. Nè vale l’alibi della crisi mondiale visto che, per esempio, gli Stati Uniti marciano a ritmo sostenuto.
La realtà è un’altra, come abbiamo più volte segnalato. La politica economica del governo è sbagliata e lo dimostra il fatto che la disoccupazione resta stabile intorno all’11%. Per partire serve togliersi di mezzo il Fiscal Compact e tutte le altre catene che bloccano la ripresa. L’Europa vuole davvero recuperare popolarità? Ha l’occasione buona. Deve varare un grande piano di investimenti finanziato con i famosi eurobond. Se l’Europa vuole sopravvivere deve tornare a essere un sogno. Un luogo dove i cittadini hanno piacere di vivere e dove gli stranieri hanno voglia di venire (e non solo i profughi sui barconi). Significa investire su formazione, costruzioni e innovazione. Ma l’Europa sarà in grado di cogliere l’occasione? La risposta è certamente negativa ed è proprio per questo che la Ue è ormai condannata. Tanto più che il 2017 sarà un anno di elezioni molto importanti: prima in Francia, poi in Germania e, forse anche in Italia. Difficile che la Ue esca indenne da questo girone di ferro.
Ernesto Preatoni blog
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