Milano 26 Luglio – Una Milano notturna, una sorta di giungla urbana di sangue e disperazione, dove dal tramonto all’alba (un’alba poco alba, quasi mulatta, come cantava Jannacci…) si muove un universo criminale che avrebbe fatto impallidire persino Scerbanenco.
La racconta Alessandro Bongiorni, giovane talento del noir italiano, nel suo nuovo romanzo “Niente è mai acqua passata” (Frassinelli), che sarà presentato oggi, martedì, alle 18.30 alla Biblioteca civica di Lignano, come primo appuntamento del tradizionale ciclo organizzato dal Comune “Omaggio a Scerbanenco”.
Nuovo romanzo, nuova avventura per il vicecommissario Carnera (già protagonista del precedente libro “La sentenza della polvere”), un poliziotto duro come la città in cui stavolta si trova costretto a fronteggiare la criminalità albanese e il racket della prostituzione. Un uomo che non è capace di stare zitto e di accettare compromessi. E che si trova invischiato in una vicenda che si svolge tra Milano e il Nordest (Trieste).
Dalla droga alla prostituzione, dunque…
«Ogni notte a Milano si contano almeno duemila prostitute buttate sulla strada. Mi sono domandato: come mai un fenomeno così evidente interessa così poche persone? Un’importante associazione religiosa ha calcolato che la prostituzione in strada fattura ogni anno dai 2 ai 7 miliardi. E si stima che il 37% delle donne che fanno questo lavoro hanno un’età compresa tra i 13 e i 17 anni. Un fenomeno vasto, dunque, che mi interessava indagare».
E ancora Milano (ma non solo) sullo sfondo…
«C’è qualcosa di difficile da spiegare: in questa città c’è qualcosa che richiama il giallo e il noir. É anche il contrasto tra le periferie sempre più povere e la ricchezza del centro storico, in cui oggi svettano anche i grattacieli. Situazioni degradate e lusso sfrenato. Colpisce la convivenza tra le due anime della città, questo profondo divario tra hinterlad e centro storico».
Da cosa deriva il titolo del libro?
«Nel romanzo racconto due storie difficili da lasciare alle spalle: non è mai acqua passata, cioè è quasi impossibile redimersi. C’è la vicenda delle prostituta salvata durante uno stupro dal poliziotto, ma anche quella di un padre che vede sparire la figlia. E le due storie a un certo punto si incrociano…».
Come era accaduto con il precedente romanzo, che raccontava la lotta delle bande per lo spaccio della droga a Milano, ti sei molto documentato per scrivere questo nuovo libro?
«Ci sono voluti due anni di lavoro. La fonte di ispirazione è stato un saggio, “Il traffico degli invisibili”, di Desirèe Pangerc, che racconta le migrazioni illegali lungo le rotte balbaniche, che transitano anche a Trieste, appannaggio delle mafie albanesi. Il traffico è in mano a un’organizzazione che gestisce i tre rami dello sfruttamento: il prelievo nei Paesi oltreconfine, il trasporto e la gestione in loco. Un’organizzazione complessa, dunque».
Ultima domanda di rito: stai già lavorando a un nuovo romanzo?
«Sì. Ho un’idea, ho scritto qualche pagina, non so se avrà sempre come protagonista lo stesso vicecommissario… Vedremo!»
Sarà
comunque un noir…
«Certamente, è il genere ideale per il mio metodo di intendere la scrittura. Perchè mi piace partire da una storia non tanto per scriverla, ma per raccontare qualcosa del mondo. E il noir consente un richiamo alla verosomiglianza e alla realtà delle cose».
Oscar D’Agostino (Il Messaggero Veneto)
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