Milano 9 Agosto – Estate 1946, spunta per la prima volta il bikini e sarà destinato a rivoluzionare il mondo facendo «impazzire» gli uomini, cambiando il costume ed il senso del pudore e legando per sempre le donne alla loro vanità estiva, con tanto di cura e metro per le forme e la linea. La storia del bikini, ormai in età da pensione (70 anni non sono pochi), e una storia costellata di dive, di aneddoti, di seduzioni, di cinema e di moda. In fondo il nostro Novecento, la sua storia del costume e della libertà di spogliarsi, non sarebbe la stessa senza di lui. Il bikini, il cui antenato risale addirittura ad un primitivo due pezzi che veniva indossato già dalle donne nel periodo della civiltà greco-romana, come testimoniano i reperti del mosaico siciliano «Le fanciulle di piazza Armerina» del IV secolo a.C , oppure le urne e gli affreschi del 1400 a.C. Oggi, però, in questa estate così faticosa, non si tratta di festeggiare i suoi antenati, ma lui, la versione moderna del bikini, che quest’anno si vuole variopinto e carioca, sportivo e tecnico, in omaggio alle Olimpiadi in Brasile appena cominciate. Certo, a pensarci bene si tratta di due pezzetti di tessuto. Due pezzetti che hanno però liberato il corpo delle donne al sole hanno attraversato 70 estati, cambiando sempre volto con stoffe e linee più o meno coprenti o rivelanti. Senza contare che da quando venne lanciato nel 1946 dal sarto francese Louis Reard, l’iconico costume da bagno ha ricoperto i corpi di icone del cinema come Ursula Andress nei panni di Honey Ryder in Agente 007 Licenza di uccidere del 1962, regalandole per sempre il ruolo di sex symbol mondiale. Il nome bikini è ispirato all’atollo omonimo delle Isole Marshall, dove in quegli anni gli Stati Uniti conducevano una serie di test nucleari. Secondo il sarto Reard la sua invenzione avrebbe avuto effetti dirompenti sull’opinione pubblica, paragonabili a vere e proprie esplosioni. Prima di lui un altro sarto francese, Jacque Heim, aveva già messo a punto l’atome, un costume due pezzi che fu perfezionato e ridotto da Reard. Il babbo del bikini incontrò grandi difficoltà nel pubblicizzare la sua creatura: nessuna modella voleva indossare un costume tanto piccolo e scabroso e al povero sarto non restò che ingaggiare una disinibita spogliarellista del Casino de Paris. Ad aiutare il due pezzi a integrarsi nel guardaroba delle signore ci pensò il cinema. Il bikini venne già indossato negli anni Venti e Trenta ma in una versione più casta, ovvero formato da un mutandone a vita molto alta e coprente e un reggiseno realizzato con pezzi di stoffa annodati in due pezzi.
Nei primi tempi il bikini ebbe difficoltà ad affermarsi nella puritana America e passarono due decenni prima che fosse accettato. In Italia negli anni ’50 il bikini veniva ancora ritenuto «scandaloso», tanto che i poliziotti controllavano sulle spiagge eventuali trasgressioni e le donne che mostravano troppi centimetri di pelle venivano multate. Ci penserà il cinema a sdoganarlo, spazzando via i tabù per sempre. Il grande successo che ha avuto nel tempo infatti è strettamente legato alle dive del cinema: Rita Hayworth nel film «Gilda» indossava un bikini molto provocante al punto tale che un soldato, rimasto sedotto e affascinato, disegnò l’attrice in costume su una bomba. Da qui il soprannome di «Rita l’Atomica». La prima diva a irrompere con un bikini sexy sul grande schermo fu Brigitte Bardot nel film «E Dio creò la donna», era il 1958. Seguì il film «Beach party» del 1960 e centinaia di fotografie di star, tra queste Jane Mansfield che posò per «Life Magazine». Così i bikini cominciarono ad apparire sulle riviste patinate. Infine, non si può non ricordare Raquel Welch con il bikini di pelle indossato nel film «Un milione di anni fa», di Don Chaffey. Era il 1966 e Raquel Welch aveva 26 anni, un corpo strepitoso su un viso selvaggio. Il resto è moda e le forme del due pezzi si modellano sul comune senso del pudore. Il bikini dilaga sulle spiagge solo negli anni ’60 con il diffondersi della moda dell’abbronzatura. Di conseguenza gli stilisti cominciano a sbizzarrirsi con il modello Saint Tropez nel quale la parte superiore è tonda. Nel 1964 viene introdotto il monokini che è formato solo dallo slip, attuale topless. Poi negli anni ’70 compare il tanga che invece scopre le natiche. Da questo momento in poi il bikini comincia a ridursi e il binomio abbronzatura-sexy diventa fondamentale per le donne. Tra gli anni ’80 e ’90 lo slip diventa molto sgambato e alto sui fianchi. Negli ultimi anni stanno tornando di moda anche quelli a vita alta dallo stile vintage. Insomma, il bikini cambia per non cambiare. Mai.
Massimiliano Lenzi (Il Tempo)
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