Per ripulire Piazzale Cuoco ci vuole più liberismo

Milano

Milano 17 Agosto – La sfida di Piazzale Cuoco è stata persa da due diverse amministrazioni. È stata persa dall’integrazione arancione di Granelli e la Rozza, che di certo è donna di pasta ben diversa, ha ammesso di essere in difficoltà. Ammettere di essere in difficoltà dopo tre mesi significa aver finito le idee prima ancora di iniziare. Il punto è che il suk si trova su un terreno privato, con una serie di traversie alle spalle, ma le accuse più gravi che gli vengono mosse, tra cui la ricettazione, sono difficili da provare. Inoltre la modalità del baratto e della rivendita di oggetti di seconda mano rendono ogni altro controllo anche più arduo. Di contro, i problemi della gente che vive là vicino sono del tutto reali. I mezzi pubblici durante il mercato sono impraticabili. Tutto attorno al suk si creano ulteriori assembramenti. E la gente che gira è tutto meno che rassicurante. Quindi, che fare?

Sappiamo che la soluzione securitaria è impraticabile. Possiamo raccogliere diecimila firme e fare mille petizioni, ma la cosa non funziona. Non funziona perché esistono alcune esigenze economiche di fondo che richiedono di essere soddisfatte. E per quanti muri possiamo costruire, per quanti raid possiamo compiere, per quanti stratagemmi possiamo inventarci se c’è un’esigenza economica qualcuno la soddisferà. L’unica cosa che possiamo fare è separare i problemi di sicurezza da quelli economici. In primis, vanno ridotti i costi di gestione dei negozi regolari. Uno dei primi vantaggi su cui capitalizzano questi mercati delle pulci sono i prezzi. Ed i prezzi non possono scendere, se il Comune pesa sui bilanci con Cosap e Tari. Secondo, va restituita maggiore libertà di impresa, con flessibilità su orari, modalità di vendita e modalità di business. Questo richiede meno burocrazia, semplificazioni dei moduli, riduzione dei tempi. Le solite cose. Le cose che avremmo avuto, ne sono sicuro, con Parisi. Ma a prescindere da tutto, questo copre la fase della risposta ai bisogni. Oltre a questa ci deve essere una risposta di sicurezza ai cittadini, ed è innegabile.

Una volta portato lo Stato fuori dai negozi, è fondamentale che torni in strada. Iniziamo dalle cose piccole. Come Rudolf Giuliani insegna, controllare i biglietti aumenta la sicurezza. La 92 non può essere un luogo fatato, dove sale chiunque e nessuno controlla. Sono piccole cose, che però la Rozza può sicuramente fare. Tagliare il flusso o costringere la gente che ci va ad essere controllata funzionerebbe da filtro. Una volta sul posto è vitale controllare quello che succede attorno, prima che dentro. Se la proprietà dell’area rende difficoltoso controllare cosa succede all’interno, le vie intorno sono comunque una zona sensibile. Io li ricordo i lenzuoli stesi a terra e la vendita di carabattole. Cerchiamo di tenere le strade libere e sgombre. Togliamo l’aura di impunità, togliamo l’idea che chiunque arrivi possa fare quello che vuole. Questo innescherà una spirale positiva.

Certo, le due parti non sono scindibili. E dubito che qualunque giunta di sinistra ami tanto la libertà da provarci.

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