Milano 17 Aprile – I funerali di Stato non hanno cambiato la tabella di marcia in vista dell’Assemblea generale straordinaria dell’Associazione Nazionale Magistrati convocata per domenica prossima a Roma.
A seguito del tragico episodio di giovedì scorso era stata, in particolar modo dalla giunta Anm di Milano, avanzata la richiesta di un differimento. Il Comitato Direttivo Centrale dell’Anm, alla luce di quanto accaduto, ha però preferito mantenere ferma la data di domenica 19 aprile, motivando il fatto che è necessaria una “risposta immediata e condivisa” delle toghe.
Oggi, quindi, si procederà anche Milano alla raccolta delle deleghe per i magistrati che non potranno essere presenti a Roma.
Come si ricorderà, erano stati 1447 i magistrati, circa il 25% degli iscritti all’Anm, che avevano aderito all’appello lanciato dal gruppo di Magistratura Indipendente per la convocazione di un’Assemblea straordinaria che, nelle intenzioni, dovrebbe decidere quali iniziative intraprendere riguardo la recente modifica della responsabilità civile. Lo scorso novembre, l’Anm aveva infatti detto no alla proposta di sciopero avanzata da Mi, preferendo forme di protesta più “blande”. Anche per evitare il rischio, come disse il presidente Rodolfo Maria Sabelli, di possibili strumentalizzazioni.
La scarsa adesione all’appello di Mi si è prestata ad una duplice lettura. Da un lato la sostanziale inutilità per un’assemblea da farsi a legge ormai approvata. Da l’altro il diffuso sentimento di sfiducia verso le forme di associazionismo giudiziario. Che, se può rincuorare le toghe, riguarda un po’ tutti gli italiani, che considerano, a proposito delle forme di rappresentanza, i sindacati ed i partiti politici istituzioni ormai anacronistiche.
La mozione di Mi, a dire il vero, prevedeva oltre al tema della responsabilità civile e ai problemi connessi alla copertura assicurativa dove la libera facoltà di recesso dell’assicuratore può esporre il magistrato, in caso di plurimi sinistri, al rischio di assenza di tutela, anche altri aspetti.
Come il tema dei carichi esigibili, cioè il numero massimo e adeguato di procedimenti, provvedimenti e udienze che, per le diverse funzioni giudiziarie, può essere richiesto al magistrato a cui si deve consentire lo studio, la preparazione, il serio esercizio della propria attività (il numero massimo di sentenze e fascicoli per anno dovrà, nelle intenzioni, essere chiaro e conosciuto da subito dal magistrato). O l’annosa questione del taglio delle ferie, anche se il Csm nel Plenum del 26 marzo scorso ha già provveduto a metterci una “pezza”, considerando non più obbligatoria la presenza in ufficio il sabato.
Infine la richiesta di misure di defiscalizzazione che consentano ai magistrati di provvedere rapidamente e in autonomia al reperimento delle ulteriori dotazioni, anche tecnico-informatiche, utili allo svolgimento del proprio lavoro, senza dover sottostare alle complesse procedure centralizzate degli acquisti.
La strage di Milano ha aggiunto in cima a questi argomenti il tema della sicurezza negli uffici giudiziari. Sicurezza non solo “fisica” ma intesa anche come “restituzione della dignità all’Ordine giudiziario”. Come scrive nel comunicato preparatorio all’Assemblea Autonomia ed Indipendenza, la corrente di Piercamillo Davigo, “è necessaria un’analitica opera di monitoraggio della situazione dei vari uffici giudiziari in materia di sicurezza, in modo da smascherare le responsabilità della politica anche su questo aspetto. Confido nella volontà e capacità dell’intera magistratura di trovare unità e compattezza in questo difficilissimo momento, convergendo su iniziative serie ed incisive”.
Ora, va bene criticare l’operato del governo su riforme che possono non essere di gradimento, come il taglio dei giorni di ferie (che, anzi, con la giornata del sabato non più obbligatoria saranno anche aumentati), ma cosa c’entri la politica con la sicurezza nei Tribunali nessuno lo sa.
Si continua ad ignorare che il Procuratore generale presso la Corte d’Appello è il primo responsabile della sicurezza del palazzo di giustizia. Senza il suo avallo, parliamo del palazzo di giustizia di Milano, il comune non avrebbe potuto procedere alla tanto, ex post, criticata gara per l’affidamento del servizio di vigilanza ad un dispositivo misto di portieri e guardie giurate.
La politica è per principio inefficiente. Ma sulla sicurezza dei tribunali, questa volta, non ha colpe. Prima o poi, qualcuno affronterà il discorso dei 16 milioni di finanziamenti che sono stati dati in questi ultimi anni per rendere il Tribunale di Milano più “moderno” in occasione dell’Expo. Di cui tre milioni, ad esempio, spesi per “il rifacimento dei segnali informativi del palazzo di giustizia tramite monitor”. Magari si poteva comprare qualche schermo in meno (schermi collocati anche nei cortili interni) e qualche metal detector in più.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.