Lo storico aquilano Colapietra: “Ho celebrato Amatrice; rimpiango Berlusconi”

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Milano 28 Agosto – “Ho celebrato come meglio ho potuto le strade di Amatrice, ho parlato del legame con L’Aquila al cinema teatro Garibaldi, ora distrutto, ho riposato e mangiato all’hotel Roma, di cui oggi resta solo un cumulo di macerie e ancora, purtroppo, tante vittime sotto”.

In quattro giorni per lo storico aquilano Raffaele Colapietra si è ribaltato il mondo: dalla partecipazione a un evento di solidarietà per L’Aquila tenuto ad Amatrice a sette anni dal sisma del 6 aprile 2009, al terremoto di magnitudo 6.0 che ha sconvolto il centro laziale e il Centro Italia.

“È stata una conversazione storica che mi ha permesso di visitare, ignaro di ciò che la Terra stesse per compiere, questo meraviglioso borgo”, racconta oggi con forte sgomento e commozione”.

“In quell’occasione personalmente non ho parlato di terremoto, ormai sono anni che ne parliamo e io volevo celebrare la vita, anche perché con me ha partecipato Vincenzo Vittorini, intervenendo sulla sua dolorosa esperienza (ha perso la moglie e una figlia nei crolli del 2009, ndr) in rappresentanza della onlus creata successivamente dai familiari delle vittime”.

“Ho incontrato in quest’occasione Roberto Cicconi, aquilano, da sempre impegnato nel teatro, ma da tanti anni ad Amatrice, che aveva fortemente voluto questa serata e che non so adesso come stia, se abbia o meno subito perdite”.

Dopo averlo fatto in quell’evento Colapietra sottolinea ancora oggi “il legame che ci unisce e ci unirà sempre con gli amatriciani: siamo tutti aquilani, ed è vero, non solo accomunati da un triste destino voluto dal terremoto da ormai 3 secoli, siamo aquilani, fratelli nel cuore. Amatrice non fa più parte della Provincia dal 1927 – ricorda lo storico – ma le antiche generazioni, oggi spezzate dal terribile evento sismico, hanno conservato tanto della nostra cultura, dal dialetto, molto simile per via della ascendenza amiternina, alle usanze tipiche anche della vita di tutti i giorni”.

“Monterale, Capitignano, Amatrice, Leonessa, vennero praticamente rase al suolo nel 1703, perdendo le loro ville e un patrimonio storico fatto di castelli, come quello del Terzone, il palazzo dei Priori, la chiesa di San Pietro”, continua.

“Adesso che anche loro stanno contando i loro morti e i danni causati da un evento inaspettato, spero che gli aquilani si rendano conto del grande lavoro che fece Silvio Berlusconi per questa città – polemizza poi Colapietra – se non ci fossero state le new town, se non ci fosse stata quella macchina operosa, adesso dove starebbe la popolazione che ancora ha la casa distrutta?”.

“Qui non si capisce niente, a 36 ore dal terremoto, nel 2009, Bertolaso e tutti i volontari avevano sistemato le persone negli alberghi sulla costa – conclude -. Ora capisco la difficoltà geografica, L’Aquila era più facilmente raggiungibile, ma in questa occasione la macchina dei soccorsi ha lavorato davvero al rallentatore. Soccorsi in mano a gente volenterosa ma magari inesperta o giunta sul posto più che per aiutare per fare bella mostra della propria persona”.

Loredana Lombardo (Abruzzoweb)

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