Milano 11 Settembre – Per l’artista Carlo Pecorelli (www.carlopecorelli.eu), art performer internazionale famoso per le sue installazioni di protesta tra Giappone, Cina e Usa, l’arte serve anche a lanciare un segnale di rottura, offrire una riflessione, un significato, un’alternativa.
Nel 2012 una sua provocazione gli costò un arresto a Pechino perché aveva esposto senza permesso le sue enormi formiche metalliche in piazza Tienanmen. Ad Hong Kong partecipò alla rivoluzione degli ombrelli, mentre a Londra, al museo Tate, arrivò ad esibire le sue opere senza permesso assieme a quelle di Picasso per un rilancio dell’arte italiana. Di recente ha realizzato per il Museo di Tuxpan in Messico il busto del rivoluzionario Gino Donè.
Oggi l’artista di Jesolo (Ve) attorno alle 10.40 del mattino ha arricchito via Giuseppe Mazzini a Milano di una nuova performance artistica di protesta, giustiziando un pupazzo di circa 2 metri del noto personaggio Pikachu di Pokemon Go, prima impiccato e poi appeso a penzoloni col cappio al collo al ludibrio dei passanti, “come esecuzione materializzata di un’icona della realtà aumentata, per un ritorno alla realtà tangibile”. Il tutto di fronte agli occhi della figlia che, come molti giovani, aveva risposto al richiamo della App mania Pokemon Go.
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Uno dei giochi mobile più in voga del momento, Pokemon Go, crea una realtà nuova, permette a chi ci gioca di fare un’esperienza virtuale che si sovrappone a quella reale, attraverso la tecnologia della realtà aumentata. Mentre Cervantes parla di un mondo fantastico, irreale, che si sostituisce a quello crudelmente vero, l’artista Carlo Pecorelli vuole che avvenga il percorso contrario, si oppone alla realtà aumentata affinché si possa riapprodare alla vita reale. Quasi come un Don Chisciotte speculare, Carlo Pecorelli rifiuta la realtà virtuale per far emergere quella reale e materializza un pupazzo di Pikachu, icona di Pokemon Go, per strapparlo alla realtà aumentata dove detiene spazio di esistenza e giustiziarlo davanti a tutti nella realtà vera che invece non gli è consona, come pesce fuor d’acqua che “affoga” d’aria.
“Certo non è colpa della tecnologia mobile e geolocalizzata se il mondo di oggi sta diventando sempre più individualista e superficiale” spiega per Carlo Pecorelli “ma questo utilizzo delle tecnologie sta incentivando, amplificando queste caratteristiche e non aiuta certo a migliorarlo. Non basta più la vita vera, non emoziona abbastanza. In un’epoca dove è mutata la percezione dello spazio e del tempo, rischiamo di cambiare (o di perdere) la percezione dei sensi, quella legata più strettamente al concreto, al vero, al reale, all’arte”. “La realtà aumentata” aggiunge “ci offre molte vite possibili da vivere, e ciò non può non influenzare il nostro modo di pensare, i nostri comportamenti, la capacità di scelta”.
L’artista veneziano teme che qualcuno, in un prossimo futuro non molto lontano, interessato più all’aspetto economico che ludico, possa utilizzare questo tipo di tecnologia mobile per appropriarsi della vita degli altri e chissà, forse, per deciderne il destino.
Così Pecorelli uccide Pikachu finché ancora è in tempo, non virtualmente, ma nei luoghi veri di un gioco irreale.
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