Milano 28 Settembre – Ma perché le intemerate di Matteo Renzi contro la Merkel e Hollande non accendono la passione antieuropea degli italiani stanchi di una Ue a trazione franco-tedesca e convinti che una buona parte della responsabilità della crisi va attribuita all’asse Parigi-Berlino?
La domanda nasce spontanea dopo che la svolta antieuropeista del nostro Premier non ha prodotto alcuna ripresa di consenso per l’inquilino di Palazzo Chigi in vista del referendum invernale sulla riforma costituzionale. Se Renzi sperava di usare l’arma del risentimento popolare diffuso nei confronti dei “padroni” della Ue, questa speranza si è rivelata vana. Gli antieuropeisti convinti rimangono legati ai cosiddetti partiti populisti e non si lasciano attrarre dall’improvviso “contrordine, compagni” del segretario del Partito Democratico sedotto ed abbandonato dalla cancelliera tedesca e dal presidente francese. Perplessi e preoccupati, invece, appaiono quelli che sulla scia di Giorgio Napolitano avevano trasformato l’originale eurocomunismo in europeismo acritico e radicale e quelli che, sull’esempio dell’euroburocrate Mario Monti, hanno sempre sostenuto che l’unica vocazione dell’Italia possa essere quella ancillare nei confronti delle potenze europee sintetizzata nella formula “Franza o Spagna, purché se magna!”.
Renzi, dunque, non ha recuperato voti tra gli avversari e rischia di perderli tra i suoi. Perché?
La ragione è che l’opinione pubblica del Paese si rende perfettamente conto non solo della natura fasulla della polemica renziana contro Merkel ed Hollande, ma, soprattutto, della incapacità del governo italiano di elaborare una posizione italiana diversa dalla semplice ed ossessiva richiesta di sforamento dei limiti europei alla spesa pubblica. La flessibilità invocata dal Presidente del Consiglio è solo l’autorizzazione ad aumentare il debito pubblico del Paese, ormai proiettato verso il livello di duemilatrecento miliardi di euro. Rispetto a questa richiesta, Renzi non ha una richiesta alternativa da presentare al vertice della Ue. Non un progetto serio di riduzione del debito pubblico. Non una qualche rassicurazione sulla volontà dell’Italia di rimettere i propri conti in ordine per non continuare ad essere il ventre molle di una Europa che ha retto il sostanziale fallimento della Grecia, ma che non potrebbe resistere al fallimento del nostro Paese.
Gli italiani sanno e capiscono molto di più dei propri governanti. Per questo sono arrivati alla conclusione che Renzi non è una risorsa, ma un vero e proprio pericolo a causa di una incompetenza del tutto simile a quella dei dirigenti del Movimento Cinque Stelle!
Arturo Diaconale (L’Opinione)
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