Milano 4 Ottobre – Quasi ogni giorno, alla fermata della metro di Crescenzago, lato zona 2, c’è un Italiano che chiede l’elemosina. In silenzio. Vestito il più dignitosamente possibile. Occhi bassi. Contegno dignitoso. Ogni mattina in cui c’è, gli passo davanti. Voglio essere onesto, non sono così romantico da credere che sia uno spirito libero ed un libero battitore. Sono fortemente convinto che si tratti di una vittima, o di un componente, chi lo sa, del racket dei mendicanti. In ogni caso, per finire in quel giro, proprio benestanti non si deve essere. Non vuol dire che si muoia di fame, ma di certo se si chiede l’elemosina così non si hanno i soldi per giocare a cricket, andare al museo o disporre liberamente del proprio tempo libero. Ammesso che di tempo libero questo signore ne abbia. Mi sembra che l’attività che svolge per vivere gli consumi tutta la giornata, oltre che le forze. In ogni caso, tant’è. Se lui sia integrato o meno, in questa società, non importa a nessuno. Ed anche qui non ne faccio una colpa ad alcuno. Il vero problema, se me lo consentite, è un altro.
Mentre il signore di cui sopra soffre, per colpa sua o meno, il Comune è tutto impegnato su come trastullare i 3600 richiedenti asilo che stiamo già provvedendo a mantenere. Si parla di portarli al museo per fargli ammirare il bello. Qualche sera fa sono andati a rallegrarli con gli ottoni ed i tromboni favorevoli all’uso della caserma Mondello per accoglierli. Ah, per la cronaca, gli ottoni sono0 strumenti per suonare. I tromboni sono i soliti suonati di sinistri, accecati dall’ideologia, che proprio la realtà non riescono a vederla. E la realtà è che questa gente, in gran numero, delle nostre amabili gite turistiche non se ne fa nulla. Vogliono solo andarsene. Hanno famiglie da raggiungere, vite da costruire, attività da aprire, lavori da fare. Se sono qua è perché il nostro sistema giudiziario fa schifo e non riesce né a cacciarli né a farli restare, in condizioni dignitose. E la dignità, ma spiegarlo a chi è allergico al lavoro come Majorino è difficile, è lavorare. Non andare a giocare a Cricket o a calcio tutto il dì.
Come si fa a blaterare di integrazione quando noi dobbiamo lavorare e loro al massimo devono stare buoni a giocare a pallone? Che immagine diamo del nostro paese? Che idea diamo dell’Occidente? A Palazzo Marino pare non interessare minimamente e si continua ad organizzare incessantemente il cartellone per questo gigantesco festival dell’ipocrisia. Dove loro giocano a calcio e vedono i nostri anziani rovistare tra la spazzatura in cerca di cibo. Cibo che qualche volta hanno provveduto loro a buttare in quanto “non di loro gradimento”. Io credo sia la campagna più stupida e meno inclusiva della storia. Che genera false speranze e vere delusioni, quando finisce il bengodi e si deve tornare a lavorare. Il problema è che genera anche reddito per associazioni amiche. E qui mi fermo.
Domattina, intanto, rivedrò questo signore con il cappello da baseball proteso. E rifletterò sul fatto che con un po’ di sfacciataggine in più avrebbe almeno potuto fingersi profugo. Non avrebbe comunque fatto soldi, sia chiaro. Ma almeno il museo e la partita li avrebbe avuti. Gratis.
Luca Rampazzo
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,