Milano 4 Ottobre – E’ un deja vu il garantismo applicato al proprio partito, agli amici e conoscenti. L’abbiamo sperimentato con il PD, bravissimo da sempre nel mettere alla gogna gli avversari e nel “salvare” i compagni. Il garantismo ad intermittenza è squallido e poco credibile. La Raggi, dopo tante battaglie sguaiate e ossessive contro le presunte “colpe” altrui, si scopre garantista per difendere la Muraro. Scrive Mattia Feltri su La Stampa “Dopo l’intervista di Virginia Raggi sul Fatto, è stato salutato l’ingresso della sindaca di Roma nel grande e complicato mondo del garantismo. Parlando di Paola Muraro, assessora indagata per reati ambientali in vicende in cui sono coinvolti personaggi di Mafia Capitale, ha detto: «Non voglio esprimere un giudizio adesso. Ricordo che i pm in Italia hanno l’obbligo di esercitare l’azione penale. Poi è il gip a decidere per l’archiviazione o il rinvio a giudizio». Ma soprattutto: «Se escludessimo qualcuno ogni volta che viene indagato, non sarebbe corretto. Può succedere a chiunque». Parole sante, persino insipide se non venissero pronunciate in un paese nel quale, negli ultimi vent’anni, hanno prevalso sentimenti più precipitosi. Subito dopo, Muraro ha invocato un altrettanto sacrosanto «rispetto della dignità delle persone» che continua a soccombere davanti alla «gogna mediatica».
Per coincidenza, negli ultimi giorni sono stati assolti o prosciolti quattro avversari a cui il Movimento non aveva riservato trattamenti così riflessivi: Guido Bertolaso, Ilaria Capua, Vincenzo De Luca e Stefano Graziano. Il primo è stato dichiarato innocente dal giudice dell’Aquila dov’era accusato di omicidio colposo plurimo per non aver preso contromisure allo sciame sismico precedente alla scossa distruttiva del 6 aprile 2009. E quando Bertolaso si è candidato a sindaco di Roma, nella tornata poi vinta da Raggi, gli attivisti aquilani hanno diffuso un documento per dirsi «notevolmente sorpresi» e per avvertire i romani che stavano mettendosi in casa un personaggio disinteressato «alla salvaguardia della salute e della vita dei cittadini». Pietrificante il finale: «Le nostre vittime sono anche sulla sua coscienza».
Ilaria Di Capua la settimana scorsa ha salutato il Parlamento (ci era entrata nel 2013 con Mario Monti, andrà in Florida a dirigere un centro di eccellenza) dopo essere stata prosciolta dalla terribile imputazione di traffico internazionale di virus: li diffondeva, secondo falsa accusa, per guadagnare sui medicinali. Alla Camera e sui social, i cinque stelle hanno chiesto le dimissioni della scienziata, intanto che sostenevano battaglie anti-vaccino: obiettivo raggiunto. De Luca, al termine di un’inchiesta non particolarmente incisiva, durata diciotto anni, è stato dichiarato irresponsabile dell’abuso d’ufficio per cui la commissione di Rosy Bindi lo aveva dichiarato «impresentabile» alle elezioni regionali campane. De Luca le avrebbe poi vinte, ma intanto il Movimento aveva presentato un esposto alla magistratura perché eliminasse il candidato del Partito democratico dalla competizione. Infine, l’ex presidente campano del Pd, Stefano Graziano, continua a essere indagato per voto di scambio ma è caduta l’accusa più grave, quella di concorso esterno in associazione camorristica. Ci si ricorda che, a metà luglio, i consiglieri dei cinque stelle lasciarono l’aula del consiglio per «l’imbarazzo» nel sedere vicino a un uomo del genere.
Ora, però, le parole di Raggi non segnano soltanto un’improvvisa coscienza garantista, ma sono anche una splendida, stentorea dichiarazione di autonomia della politica. La magistratura fa il suo lavoro, ma è la politica, coi suoi metri, che non sono quelli dei codici penali o giornalistici, a decidere chi debba dimettersi e quando. Se la nuova consapevolezza sarà applicata anche agli avversari, vorrà dire che il Movimento si sta allontanando dalla pancia del paese per avvicinarsi al cervello.”
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845