Milano 26 Ottobre – Il teatro più milanese, più amato, più eclettico di Milano riapre i battenti dopo 23 anni. Con la volontà di sperimentare, di scoprire nuovi talenti, di confermarsi come il più autentico luogo teatrale di Milano. La notizia è del Corriere “Il caro, vecchio adorato teatro Gerolamo è chiuso da così tanto tempo (sono 33 anni che la locandina indica Riposo) che oggi qualcuno lo chiama Girolamo, altri Geronimo come gli indiani nei western. Ma sono riapparse le vetrine per i cartelloni vicino all’ingresso, è scoccata l’ora della rivincita del Gerolamo, la maschera piemontese: la sala di piazza Beccaria, piccolissima Scala in miniatura ma con palchi e loggione e fantasmi del passato, finalmente riaprirà i battenti il 7 novembre con un concerto barocco dell’Orchestra Verdi.
Il teatro, nato nel 1806 con Fiando il burattinaio, fu dal 1885 al 57 la «casa» dei fratelli Colla, seducendo l’immaginario di migliaia di bambini con un esborso magnifico di fantasia. E si spera che ancora i Colla in futuro saranno della partita, forse in un’ideale rassegna di marionette. La storica proprietà di Ceschina, anche nome della casa editrice, in forma orgogliosamente privata, ha in questi anni fatto i lavori di restauro e ristrutturazione, aprendo le uscite di sicurezza che, assenti nell’83, fecero chiudere la sala. È stata però mantenuta la struttura originaria, solo che l’arredo non sarà più in rosso come usa il velluto dei teatri, ma in verde: il colpo d’occhio è notevole, chi lo conosceva si adagia nel ricordo, gli altri stupiscono. E poi certo ci sono gli optional della trasversalità, ci saranno ascensori, un servizio ristorante perché l’idea è quella di alternare al teatro anche la collaborazione con alcuni eventi molto milanesi, la fiera del Mobile o del Design e naturalmente la presentazione di avvenimenti culturali, come i libri (il primo sarà un volume sul Gerolamo edito da Rosellina Archinto) senza cadere nel ghetto dello snobismo radical o di qualunque partigianeria.
Spazio per le nostalgie ce n’è sempre («l’importante è avere la cultura e non il culto della memoria» dice il regista Filippo Crivelli), e la riapertura del teatrino, così come i lavori finalmente in atto al Lirico, aumentano la priorità oggi di Milano, vera capitale teatrale italiana. In passato c’erano state sirene di allarme: al posto del Gerolamo la minaccia di un night (leggenda, dicono gli interessati) e la tragedia di una demolizione, tanto che Paolo Grassi intervenne e la sera del 9 aprile 1958 Eduardo poteva dare il via al nuovo corso con un suo recital. Da quel momento il Gerolamo fu un trampolino di lancio per artisti giovani e per proposte intelligenti e coraggiose, dalla prosa al cabaret. Ed ecco in locandina la prima di «Giorni felici» di Beckett e i mitici recital curati da Crivelli con star come Milly. Centinaia di serate uniche e irripetibili, la Laura Betti e Paolo Poli, perfino la Wanda Osiris su una scala a pioli, Bindi, Negri, la grande Valeri e Rascel, Modugno e la Vanoni, fino al trionfo di «Milanin Milanon» con Milly, Tino Carraro, Anna Nogara e il giovane Enzo Jannacci segnalato da Gaber: nel programma di sala c’era già la pubblicità della Ricordi che aveva inciso Scarp de tennis.
Segue la più che decennale stagione del grande Piero Mazzarella, la Stabile Milanese di Carletto Colombo con testi di Bertolazzi, Ferravilla, Fontana, De Marchi, Arrighi e i vecchi attori di tradizione; fino agli anni 70-80, quando arrivò l’umorismo in prosa e cabaret di Umberto Simonetta. Si apre con Gadda («L’Adalgisa» con Rosalina Neri) e poi arrivano i best seller con Livia Cerini e «Mi voleva Strehler» con Maurizio Micheli. Il silenzio seguito non fa onore a Milano, ma l’importante è che oggi il teatro risorga occupando uno spazio inedito (in una città geograficamente e socialmente cambiata in modo radicale), la ricerca di nuovi talenti, un lavoro fine sui dialetti (non solo il milanese) e sul teatro di figura, naturalmente alternando parole e musica. Dice ancora Crivelli: «Sarebbe bello che il Gerolamo servisse a gettare un ponte tra generazioni e culture, rovistando tra gli epistolari, la storia di Milano e i suoi artisti anche fino ai Nobel, armati non solo di nostalgia».
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