Gli stranieri non vogliono le luci di Natale: vergogna a Lambrate

Milano

Milano 19 Novembre – Il Natale è alle porte, ma non per tutti è il benvenuto. Le iniziative sul tema, portate avanti soprattutto da comitati di quartiere e gruppi di cittadini, vengono boicottate da una fetta di popolazione. Gli stranieri. Chi per religione, chi per semplice disinteresse, chi per ragioni economiche, molti stranieri non vogliono partecipare alle iniziative di quartiere per celebrare la festività. E così facendo rischiano di guastare la festa a tutti. È quello che sta accadendo a Lambrate, dove, da due anni, i commercianti di piazza Rimembranze e delle vie limitrofe si autotassano per decorare le strade dei loro negozi con le luminarie natalizie. Forte del successo dell’ anno scorso, l’ iniziativa è stata riproposta anche questo Natale.

Le adesioni non sono mancate tra i commercianti italiani, tra gli stranieri, invece, molti se ne sono lavati le mani. «I negozi che si trovano nelle vie interessate dalle luminarie sono 50, di cui 14 gestiti da stranieri», racconta Gianluca Boari, consigliere del Municipio 3 per la Lega Nord, «mentre quasi tutti gli italiani hanno aderito, a parte una piccola eccezione per ragioni economiche, tra gli stranieri hanno aderito solo in 3». Per contribuire all’ illuminazione decorativa è stata chiesta a ciascun commerciante una quota di 120 euro da pagare in due rate bimensili e, per andare incontro a chi ha difficoltà economiche, è stata anche data la possibilità di dividere una quota tra due commercianti.

Ma, anche con l’ incentivo, alcuni non se la sono sentita. «La quota è troppo alta», spiega il titolare della macelleria halal di piazza delle Rimembranze di Lambrate, «perché è divisa solo tra i commercianti e non è giusto. Dovrebbero partecipare anche i residenti, allora tutti pagherebbero meno. Non c’ entra il fatto che sono musulmano. Mia moglie è cristiana e metterà delle luci per decorare la vetrina e partecipare allo spirito della festa, ma preferisco usare quei soldi per pagare la bolletta della luce del negozio piuttosto che le luci in piazza».

Intanto, le luminarie in piazza delle Rimembranze e nelle vie attorno sono già state installate. Alla fine la quota necessaria è stata raggiunta, anche se 11 esercizi stranieri su 14 non hanno aderito. «La cosa mi ha stupito molto, visto che in quel quartiere si parla tanto di integrazione», prosegue il consigliere del Carroccio. «Ci sono diverse associazioni di volontariato che lavorano per integrare gli stranieri, ma poi, alla prova dei fatti, quando alcuni cittadini propongono iniziative come questa per riqualificare il quartiere, gli stranieri se ne disinteressano e non partecipano, dimostrando di non sentirsi parte del territorio. Questa non è integrazione, integrazione vuol dire partecipazione». Passeggiando sotto le luminarie che aspettano solo di essere accese, si vedono le vetrine di molti negozi. Solo in piazza ci sono cinque esercizi commerciali a gestione straniera, uno di fianco all’ altro, la catena interrotta solo da una lavanderia a gettoni. Dei cinque, solo due hanno aderito al progetto. Tra i negozianti stranieri sono pochi quelli disposti a spiegare perché non hanno partecipato.

«Noi non festeggiamo il Natale», chiariscono in un ristorante asiatico, «per questo non abbiamo aderito. Non ci interessa la festa e non facciamo mai niente». Dai motivi culturali a quelli religiosi. «Non festeggiamo il Natale», fanno eco in una pizzeria-kebab gestita da una famiglia araba, «quindi non ci interessa partecipare a quella festa». Una spiegazione che lascia l’ amaro in bocca. «Uno può anche non essere cristiano», commenta Boari, «ma se la comunità di cui fa parte ha piacere di festeggiare un’ occorrenza, allora dovrebbe partecipare in quanto parte di quella comunità. Di questo passo, se gli stranieri continueranno a disinteressarsi e a aumentare, finiremo per perdere le nostre tradizioni». Ma, almeno per quest’ anno, le luminarie si accenderanno davanti a tutti i negozi, di chi ha pagato e anche di chi no. Si è persa, forse, l’ occasione di fare qualcosa tutti insieme, di sentirsi parte di una comunità, al di là delle differenze.

Alessia Albertin (Liberoquotidiano)

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