Milano 7 Dicembre – A Sant’Ambrogio, anche quest’anno, come ogni anno, si accendono le luci sul Teatro alla Scala per l’apertura della nuova stagione d’opera.
E’ la volta di Madama Butterfly di Giacomo Puccini, un titolo assai popolare, che dopo 112 anni ritorna nella versione di Julian Smith, presentata alla prima assoluta del 1904. Come è noto, il libretto è di Giuseppe Giacosa e di Luigi Illica (edizione Casa Ricordi). Coro e orchestra sono del Teatro alla Scala.
Così ha voluto Riccardo Chailly, direttore dal 2015 che, dopo Turandot e Fanciulla del West, vuole proseguire un percorso filologico di recupero delle originali intenzioni pucciniane. La regia è affidata ad Alvis Hermanis, mentre i ruoli protagonisti sono del soprano uruguayano Maria José Siri, nelle vesti di Cio-Cio-San (Madama Buttefly), e del tenore Bryan Hymel, chiamato a dar voce al bel tenente della marina americana Pinkerton, il quale, prima illude Cio-Cio-San sposandola, poi la tradisce per una “vera sposa americana”, inducendola al suicidio.
Tornando al debutto del 1904, vale la pena ricordare che la prima fu oggetto di bagarre e proteste da parte del pubblico: un vero “linciaggio” secondo lo stesso Puccini, che si mise così subito a correggere l’opera, dietro le pressioni ricevute dall’editore Ricordi. Oltre a presentare vari tagli, la versione definitiva si articola in tre atti, mentre la prima ne prevede(va) soltanto due, con lo scopo di far correre il dramma in un finale “serrato, efficace, terribile”. In tale nuova veste, dopo essere stata applaudita in tutto il mondo, la Butterfly tornò alla Scala nel 1925, sotto la bacchetta di Toscanini. Ma Puccini non poté ascoltarla, perché la morte l’aveva colto l’anno precedente.
C’è dunque attesa per questa prima assoluta meneghina, anche perché il Teatro alla Scala ci ha quasi abituati alle polemiche, sia nel foyer, che fuori. La stessa bufera, che travolse la prima della Butterfly e il suo autore, fondava le radici nelle tifoserie opposte che contrapponevano Puccini a Umberto Giordano, che l’anno prima aveva presentato la sua Siberia.
La prima della Scala induce anche a ricordare che, con l’arrivo degli anni Cinquanta, le guerre tra compositori, diradati e scomparsi, lasciarono spazio a quelle tra i cantanti. Per esempio, una delle più grande rivalità della storia della lirica, fu quella tra Maria Callas e Renata Tebaldi. La prima debuttò alla Scala nel 1950, sostituendo proprio la Tebaldi in Aida. Il culmine di tensione si ebbe nel 1953 con la leggenda della tenia ingoiata dal soprano greco per dimagrire, leggenda che oscurò l’inaugurale Wally della Tebaldi e che fu enfatizzata dai giornali dell’epoca.
A seguito di quell’avvenimento, ebbe inizio una guerra a distanza, fitta di frecciate e di veleni, che accese gli animi dei rispettivi fan. «Paragonarmi alla Tebaldi? Sarebbe come paragonare lo champagne alla Coca-Cola», chiese Maria. «Lo champagne diventa facilmente aceto», ribatté Renata.
Dalle parole livorose agli ortaggi il passo fu breve, almeno alla Scala. In molti ricordano ancora i rapanelli di un tebaldiano inferocito, gettati sul palco, dove la Callas interpretava il ruolo di Violetta in una Traviata. Altrettanto beffarda, ella, supportata dai fan impazziti che le urlavano “divina”, raccolse i rapanelli e ringraziò
A proposito di questi fanatismi, si tramanda ancora l’aneddoto secondo cui, dopo una recita della Callas allla Scala, ci siano voluti quattrocento agenti per proteggerla dalla folla in visibilio. E non meno leggendaria è l’antipatia che ella provava per il grande tenore Mario Del Monaco, con il quale dovette condividere gli applausi in un’altra mitica prima alla Scala, quella del 1955 con la Norma di Bellini, dove pare che lei, tra le ovazioni, non gli lesinasse calci negli stinchi.
Ma alla Scala le “prime” diventano anche il palcoscenico delle rimostranze sociali. Il Sessantotto non si fa sfuggire l’occasione e gli slogan scanditi davanti al teatro, nel tentativo di rubare la scena agli eleganti spettatori. Nelle cronache dei giornali dell’epoca finirono, per esempio, grida del tipo: “Ricchi godete, perché sarà l’ultima volta”. “Falce martello, borghesi al macello”. Il tutto condito da lancio di uova.
Passati i decenni, dopo la grande stagione dei cantanti, è arrivata quella del protagonismo dei direttori d’orchestra, fra cui spicca Riccardo Muti, direttore musicale della Scala per quasi venti anni. Infatti, quel periodo (1986 – 2005), vi furono, a non finire, polemiche pesanti, accompagnate da scioperi a raffica che fecero saltare più di una “prima”.
Possiamo anche ricordare che alla Scala lo spettacolo comincia ancor prima della prima: è il grande red carpet meneghino, caratterizzato dai “Chi ci sarà?” “Come sarà vestito?” E il motivo c’è perché chi conta non manca mai: le famiglie bene di Milano, i politici, i presidenti della Repubblica, gli stilisti, i cantanti, e persino i divi di Hollywood, come Liz Taylor e Richard Burton nel 1972 o anche i rampolli delle dinastie politiche, come John John Kennedy, assieme alla moglie Carolyn Bessette, nel 1999. due anni prima che la morte se lo portasse via,
Dalle scintille dei falò di pellicce, organizzati dagli animalisti, si arriva velocemente agli anni più dimessi, alle facce scure della crisi, fino alle mises improbabili del nostro tempo, ricco di polemiche di altro tipo e con altri contenuti.
Stasera i curiosi saranno accontentati.
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