Milano 7 Febbraio – Impossibile non aver notato, fino a quando è rimasta in alto sulla facciata di palazzo Carminati in piazza Duomo a Milano, prima di essere rimossa nel 1999, la signorina al neon lampeggiante che ticchetta sulla macchina da scrivere: catturava lo sguardo, con le sue lucine laboriose, surclassando le altre insegne pubblicitarie. A lei e a ciò che simboleggia è dedicato il bel volume La signorina Kores e le altre. Donne e lavoro a Milano (1950-1970), una ricerca condotta dalle autrici dell’Enciclopedia delle donne che hanno studiato il mercato dell’occupazione e la società degli anni del boom in una città che già allora era un passo avanti. A Milano convergevano gli emigranti, a cercar lavoro e una nuova vita, ciò che trovavano anche leemigranti (nel 1954 arrivarono 9.244 donne, nel 1960 oltre 34mila). Capaci di adattarsi con grande spirito di sacrificio, desiderose di emanciparsi dalla miseria e di costruirsi un futuro. Segretarie, come la signorina Kores, ma non solo. Operaie – molte le metalmeccaniche – commesse, assistenti, insegnanti e poi, pian piano, imprenditrici e professioniste: una folla di lavoratrici caratterizza il tessuto della società meneghina, le dà corpo e forza. Il libro offre una vera e propria radiografia delle donne milanesi di quei due decenni, soffermandosi sulle sindacaliste, su chi si può dedicare alla formazione, chi muove i primi passi nell’editoria e chi si batte per l’emancipazione (che vuol dire anche solo impegnarsi per l’istituzione dei primi consultori, in tempi in cui la contraccezione era vietata).
Quanto la città sia all’avanguardia, sul fronte dell’affermazione dei diritti, lo dimostra anche il fatto che sulla parità salariale tra uomo e donna è costante l’iniziativa delle lavoratrici, spesso sfociata nelle proteste, poiché pagate di meno dei colleghi a parità di mansioni: nel 1957 si tiene il primo convegno nazionale su questo tema (la legge sulla parità salariale nel settore pubblico arriverà solo vent’anni dopo), e nel 1961 quello contro i licenziamenti per il matrimonio.
Gli anni Sessanta segnano l’ingresso in magistratura, il boom dell’alta moda con le sarte che si trasformano in stiliste, mentre le fotografe registrano con il loro occhio curioso ciò che accade. Compreso l’avvento del design industriale, della progettazione e dell’arte che si radica a Brera. I testi sono accompagnati da immagini molto belle di autori come Cesare Colombo, Carla Cerati, Gianni Berengo Gardin, Jaqueline Vodoz, Silvestre Loconsolo, Paola Mattioli, Uliano Lucas, per citare alcuni nomi: ci portano nelle piazze delle manifestazioni sindacali, nelle scuole, nei supermercati, nelle fabbriche, nei teatri fissando le espressioni del cambiamento, anche nel modo di porsi e di vestirsi.
Il libro, curato da Rossana Di Fazio e Margherita Marcheselli, è il principio di una strada che guarda lontano. Scrive Di Fazio nell’introduzione: «Questa ricerca nasce come primo brano di un progetto per un museo delle donne. Né isola felice né riserva, ma un osservatorio che maschi e femmine di ogni generazione possano percorrere per confrontarsi con la ricchezza delle vite vissute».
È Milano, ed è di più: un pezzo di storia italiana nella quale ci si può riconoscere. In bocca al lupo, allora, al museo che verrà.
Il libro qui recensito, «La signorina Kores e le altre. Donne e lavoro a Milano (1950-1970)» , a cura di Rossana Di Fazio e Margherita Marcheselli, Società per l’Enciclopedia delle donne, pagg. 342, € 28, sarà presentato giovedì a Milano, alle 18.30, alla Fondazione Pini (corso Garibaldi, 2).
Eliana Di Caro (Il Sole 24 Ore)
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