Milano 23 Febbraio – Quale trattamento riservavano giornali e riviste all’arte durante il boom economico? Lo racconta una mostra colta e godibile, allestita al Museo del Novecento di Milano, accostando copie originali di riviste d’epoca alle opere che vi comparivano. Tra pezzi “introvabili” e capolavori.
Spesso vale la pena distogliere lo sguardo dalle mostre blockbuster: mentre piazzetta Reale è invasa dalle code, pochi metri più in là c’è Boom 60!, forse la migliore esposizione realizzata al Museo del Novecento. Mostra di costume e di storia dell’arte, di ricerca ma godibile, analizza il trattamento che la stampa italiana degli Anni Cinquanta e Sessanta riservava all’arte: copie originali delle riviste sono esposte assieme a molte delle opere che comparivano negli articoli.
Ciò che salta subito all’occhio è lo spazio di cui l’arte godeva, anche nelle riviste popolari. Certo, il tono era spesso di stupore per le “stramberie” di quella che veniva ancora definita arte moderna e si indugiava molto nella mondanità; ma il taglio era specifico, informato e sistematico. Oggi l’ostilità per l’arte contemporanea da parte della grande stampa italiana è invece strutturale, dato che le si riserva spazio principalmente in occasione di scandali e record d’asta.
DALLA CARTA STAMPATA AL MUSEO
La mostra è strutturata in tre parti. Negli Archivi, la parte del leone la fanno le riviste d’epoca. Tra cronache dalle Biennali, visite negli studi, mondanità e informazioni sulle evoluzioni più recenti dell’arte, spuntano curiosità oggi impensabili. Come quando un concorso metteva in palio opere originali di autori riconosciuti. Alle riviste fanno da contraltare opere legate al mondo della stampa, come i dipinti-collage di Bepi Romagnoni, che utilizzano i giornali come materiale, e la Piazza del Duomo di Dino Buzzati, giornalista, pittore e cronista d’arte.
Al piano terra diventa serrato il dialogo tra pagine stampate e opere “in carne e ossa”. I lavori riprodotti negli articoli sono fisicamente presenti (tra i tanti, la scultura di Viani della celebre foto con Alberto Sordi). E qui si nota particolarmente l’allestimento “specchiante” di Alessandro Mendini, bello ed efficace ma poco funzionale nel caso delle sculture.
Nella sezione esterna, al Palazzo Reale, la vita dell’epoca si intreccia a doppio filo con l’arte: una sala riunisce i ritratti di Gina Lollobrigida di autori come Cassinari e Sassu; un’altra ricostruisce il rapporto con gli artisti della “sarta intellettuale”, la stilista Germana Marucelli. (Artribune)
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