Milano 5 Marzo – Conoscere il passato, può aiutare ad affrontare la rivoluzione digitale in cui siamo immersi.La rivoluzione industriale si ritiene sia nata in Inghilterra a metà del ‘700 e si sia sviluppata almeno per 70 anni.
È ovviamente difficile confinare in un tempo e uno spazio preciso un processo così articolato. Tanto più che i cosiddetti Enclosure Acts, atto simbolo della rivoluzione che privatizzavano le terre pubbliche, sono circa 4mila e approvati in più secoli.
La macchina a vapore e la legislazione che l’ha accompagnata, oggi dovrebbero interessare più che mai. Conoscere il passato, può aiutare ad affrontare la rivoluzione digitale in cui siamo immersi. La rivoluzione industriale è stata tramandata nel nostro sentire collettivo dalla storiografia marxista, dal racconto delle povertà e delle ingiustizie di Charles Dickens, per intendersi. Il Manifesto del Partito comunista, ben più del Capitale, è figlio di uno storiografo che ha la pretesa di guardare al futuro, come l’inevitabile scontro tra classi.
Ritorniamo alla legge. I cosiddetti Enclosure Acts dovrebbero rappresentare per noi il punto di partenza. Grazie a essi si sviluppa il moderno capitalismo. Di fatto essi sono atti pubblici con cui vengono privatizzate le campagne. Si obbligano agricoltori e contadini ad alzare gli steccati sui loro appezzamenti. Si bandiscono le terre comuni e si vieta il pascolo libero. Si pongono i paletti sui diritti di proprietà. Nascono i primi agricoltori latifondisti, se così si può dire. Si iniziano a sperimentare le prime rotazioni di colture, si meccanizzano, relativamente, i processi, aumenta la produttività, diminuisce il contagio tra bestie, aumentano gli investimenti e si riducono quelli che oggi chiameremmo i costi del personale. I contadini perdono quel poco che avevano, impossibilitati come sono a pagare la costruzione delle barriere, scappano in città, e formano quella massa poverissima sulla quale si fonda la prima fabbrica. Con il tempo le loro condizioni, inumane, che hanno però fatto nascere e sviluppare la prima rivoluzione industriale, diventano a loro volta un problema legislativo e nascono le prime norme a tutela del lavoro minorile, di quello femminile, e poi i sindacati e le paghe minime. Si sviluppa il Welfare europeo.
Scusate la semplificazione, e la lunga cavalcata. Ma come ha spiegato in uno straordinario e poco conosciuto articolo (The Enclosure of Open Fields) l’economista americano Donald N. McCloskey (un mito dell’università di Chicago, anche per il suo cambio di sesso in corsa, ora si chiama Deirdre): «la discussione fino a ora ha solo considerato i costi delle enclosure. Ci sono anche i benefici. La tradizione di Marx e Hammonds ci dice solo che le enclosure sono un caso simbolo di furto di classe». Ma se per un momento lasciamo da parte il tema dell’equità, ci accorgiamo che il valore della terra, legato alla sua produttività, crebbe enormemente e ciò viene stimato dall’economista con l’aumento dei fitti.
In sintesi. In questi anni l’attività legislativa sta producendo Enclosure Acts relativi alla rivoluzione digitale o sta cercando di conservare i vecchi assetti?
Nicola Porro (Il Giornale)
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