Milano 4 Marzo – La candidatura alle primarie del Pd da parte del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, magistrato fuori ruolo dal 2004, ha riacceso in questi giorni il dibattito sul rapporto fra politica e toghe.
Da anni si discute, senza alcun risultato, di come regolamentare il passaggio dalla magistratura alla politica e il successivo ritorno. La soluzione migliore, caldeggiata anche da molti magistrati, potrebbe essere che una volta terminato il mandato da sindaco, presidente di regione, parlamentare o quant’altro, si venisse destinati ad altri incarichi nella Pubblica Amministrazione. Perché, come viene ricordato spesso, oltre ad essere imparziale, la toga deve anche apparire tale.
La vicenda di Michele Emiliano è, però, paradigmatica di come (non) venga affrontato il tema delle toghe in politica.
Che Emiliano fosse iscritto al Pd è noto dal lontano 2007, anno in cui il magistrato barese venne, infatti, eletto segretario regionale del Pd in Puglia. Dopo essere stato segretario, dal 2009 al 2014 Emiliano è stato presidente del Pd della Puglia. Per poi, dal 2014 ad oggi, essere nuovamente eletto segretario regionale. Tutte cariche che, come si legge nello statuto del Pd, prevedono l’obbligo di essere iscritti al partito. L’iscrizione ad un partito politico, però, è espressamente vietata per le toghe ed è causa di procedimento disciplinare. Il divieto vale anche per i magistrati cosiddetti “fuori ruolo” tipo Emiliano, come ribadito da una sentenza della Corte Costituzionale del 2009 e da una sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura del 2010.
Solamente ad ottobre del 2014, dopo un’istruttoria durata ben undici mesi, il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, titolare dell’azione disciplinare, ha chiuso le indagini su Emiliano chiedendo quindi al Csm a luglio dello scorso anno la fissazione dell’udienza di discussione.
Il fascicolo disciplinare è così giunto, alla fine di agosto del 2016, alla segreteria della Sezione disciplinare del Csm. L’udienza a carico di Emiliano era stata inizialmente fissata per il 6 febbraio 2017. Solo che, il 24 gennaio 2017, Emiliano ha comunicato alla Sezione disciplinare di voler revocare la nomina del primo difensore, nominando al suo posto il procuratore di Torino Armando Spataro. Va ricordato, comunque, che nel procedimento disciplinare al Csm il magistrato può difendersi anche senza l’ausilio di un legale di fiducia.
Il procuratore Spataro, fresco di nomina, ha chiesto ed ottenuto dal presidente della Sezione disciplinare, il vice presidente del Csm Giovanni Legnini, il rinvio dell’imminente udienza per consentigli di studiare il fascicolo del suo assistito.
Legnini ha, quindi, rinviato la trattazione del procedimento alla pubblica udienza del prossimo 3 aprile. In caso di condanna, va detto, Emiliano sarebbe costretto a lasciare la toga.
Sull’esito del procedimento, a Palazzo dei Marescialli nessuno azzarda previsioni. Non risultano precedenti specifici e la vicenda è molto delicata. Il Consigliere laico Pierantonio Zanettin (FI), che non è componente neppure in sostituzione della Sezione disciplinare, ha voluto sul punto esprimere la sua opinione.“In nessun Paese europeo, visto che spesso amiamo confrontarci con le altre realtà, sarebbe solo lontanamente immaginabile che un magistrato in carriera possa essere candidato alla guida di un partito politico. Grande o piccolo che sia”.“Il tema del rapporto magistrati/politica – prosegue Zanettin – è ciclico: da parlamentare, prima alla Camera nel 2001, poi al Senato nel 2013, presentai un disegno di legge, che aveva l’assenso della maggioranza e dell’opposizione, per regolamentare in maniera più efficace la materia. Ma in entrambi i casi non successe nulla”. Tornado ad Emiliano ed al ritardo con cui è stato aperto il procedimento disciplinare a suo carico, per Zanettin “in questi anni si è chiuso un occhio su di lui, forse perché prima aveva un ruolo politico più defilato”. “Certamente – aggiunge ancora Zanettin – Emiliano ha tenuto in questi mesi un atteggiamento che rasenta il folclore. Dopo aver minacciato la scissione dal Pd, oggi è invece diventato il principale candidato alla segreteria del partito”. In conclusione, “mi aspetto che dal Csm ci sia su Emiliano una pronuncia esemplare. Chi tiene comportamenti simili non può certamente continuare a rivestire come nulla fosse la toga da magistrato”.
Nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e Scienze Politiche,
ha ricoperto ruoli dirigenziali nella Pubblica Amministrazione.
Attualmente collabora con il Dipartimento Scienze Veterinarie e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano. E’ autore di numerosi articoli in tema di diritto alimentare su riviste di settore. Partecipa alla realizzazione di seminari e tavole rotonde nell’ambito del One Health Approach. E’ giornalista pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.