Milano 6 Marzo – Sono sempre stati considerati editoria di serie B, chiamati fumettoni, giornali da serve, inutili. Italo Calvino li ha addirittura definiti delle «vaccate immonde». Eppure c’è una gran parte della popolazione che ai fotoromanzi deve tantissimo. L’editoria milanese è la prima a capire che c’è una gran parte della popolazione, magari umile dal punto di vista culturale, che ha bisogno di svagarsi, sognare, emozionarsi e dimenticare gli orrori della guerra.
Così nel 1946 la Casa Editrice Universo manda nelle edicole una rivista che pubblica romanzi illustrati da disegni che chiama Grand Hotel: le prime 100mila copie vanno esaurite in un attimo, tanto che il giornale è ristampato una decina di volte. Visto il successo, l’anno dopo quasi in contemporanea nascono Bolero Film, fondato da Cesare Zavattini ed edito da Mondadori; e, da un’idea di un socio della Rizzoli, Il mio Sogno che ha come sottotitolo «Settimanale di romanzi d’amore a fotogrammi».
Sessanta raddoppiano. A leggerlo sono per la maggior parte donne dai 16 anni in su, che a questa specie di cinematografo tascabile chiedono solo di fantasticare e, a volte, anche qualche consiglio sentimentale. Le storie sono romantiche, il linguaggio è semplice, tanto che non sono poche le ragazze che imparano a leggere su queste pagine. Le prime narrazioni sono sequenze di film famosi o adattamenti di romanzi della letteratura «alta», come i Promessi Sposi, I miserabili o addirittura la Bibbia. Col passare del tempo i soggetti si moltiplicano e trattano anche argomenti di attualità. In questi casi Milano è sempre stato lo scenario ideale quando si è parlato di manifestazioni studentesche – molte foto sono state scattate davanti all’università Statale – o di lotte operaie, dove diverse sequenze hanno avuto da sfondo gli stabilimenti e le catene di montaggio dell’Innocenti di Lambrate e della Falck di Sesto San Giovanni.
A Cinisello Balsamo la Casa Editrice Universo, a fianco della tipografia, allestisce un vero e proprio teatro di posa per produrre i fotoromanzi e non son pochi i giorni in cui, fuori dal palazzo, centinaia di fan di tutte le età fanno la posta a questo o quel divo per avere un autografo con dedica sul diario. Sono tantissimi, infatti, i personaggi del cinema e del teatro, della musica e della televisione che passano per le pagine di queste riviste: da Paola Pitagora a Raffaella Carrà, da Mike Bongiorno a Milly Carlucci, da Terence Hill a Silvana Pampanini, fino ad arrivare a quelli più recenti come Simona Ventura, Barbara D’Urso, Gabriel Garko, Isabella Ferrari. Alcuni di loro iniziano la carriera nel mondo dello spettacolo proprio grazie alla partecipazione in un fotoromanzo. Verso la fine degli anni Sessanta il fenomeno editoriale si sposta anche verso Roma: la Lancio, dopo aver rilevato Sogno, immette sul mercato Letizia, Charme, Marina, Kolossal e molte altre testate che fanno sì che il fotoromanzo sia un fenomeno vero e proprio della nostra editoria. L’anno boom è il 1976, quando le vendite complessive delle riviste raggiungono 8.600.000 copie ogni mese.
Poi inizia il declino. Il primo colpo ferale lo sferrano le televisioni private che ad ogni ora del giorno e della notte trasmettono telenovele: il pubblico è lo stesso perché le trame – coinvolgenti, avventurose e ricche di sentimenti facili – sono simili. Il vantaggio è che sono gratis, sono tantissime e vanno in onda tutti i giorni. Anno dopo anno chiudono tutte le testate. Tutte tranne la prima: ancora oggi Grand Hotel, che è sempre a Milano ed è ancora dell’Universo, esce tutte le settimane con tre fotoromanzi e tre racconti oltre ad altri servizi sull’attualità e vende la ragguardevole cifra di 120mila copie. Insomma, a settant’anni di distanza c’è ancora bisogno di sognare.
Luca Pollini (Il Giorno)
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