Far morire Città Studi per mettere qualcosa in Expo? No grazie

Fabrizio c'è Milano
Milano 23 Marzo – Esplodono le proteste degli abitanti di Città Studi. Le contraddizioni della sinistra che vuol tenere insieme i grandi interessi  immobiliari con l’urbanistica partecipata e l’ascolto dei cittadini sono alla luce del sole.
Ieri a Palazzo Marino in una affollatissima audizione il gruppo “Che ne sarà di Citta Studi?” ha apertamente contestato Sindaco e Giunta per l’idea di trasferire il polo scientifico della Statale  nelle aree Expo. Ma da dove nasce questa scelta?
Nei 5 anni di Pisapia nessuno si è preoccupato del dopo Expo. Arrivati al 2016 Renzi propone alla sua maniera (slide e annunci) il centro di ricerca Human Tecnopole con soldi statali. Però questo occuperà il 5% della superficie. Per non lasciare all’odiato “privato” il compito di proporre investimenti e attività da insediare nelle aree ex Expo, Renzi e il Comune lanciano allora l’idea di trasferire le facoltà che stanno a Città Studi. Il trasloco (acquisto aree e nuovi padiglioni)  costa 380 milioni: 120 li mette la Statale, 120 li mette lo Stato (che li ha inseriti nel Patto con la Regione Lombardia),  gli altri bisogna ricavarli dalla vendita delle aree e degli immobili universitari di Città Studi.
E qui casca tutta la retorica della partecipazione e della ubanistica partecipata: giacché se si riuscirà a trovare investitori che spendono 140 milioni per le aree poi ci vorranno fare ciò che è piu utile per loro, mentre se ci andranno altre Università lo Stato dovrà tirare fuori altri soldi (che non ha).
Fino ad oggi il dopo Expo era stato solo il tema di visite e annunci di Matteo Renzi con Sala e la Giunta adoranti ma silenziosi. Nella commissione di ieri si è capito che molta gente non è d’accordo a far passare queste scelte sulla propria testa.
 Il trasloco della Statale è un salto nel buio, deciso in maniera frettolosa per mettere qualcosa nell’area Expo.
Non vi è certezza di poter vendere, pianificare e realizzare un nuovo quartiere al posto dei padiglioni universitari.
Il rischio di avere un “deserto urbano” come sono oggi gli scali ferroviari e come sono state per 50 anni  le Varesine è fondatissimo e spaventa giustamente chi vive lì attorno.
Sarebbe più sensato ed economico fare crescere il polo scientifico sui terreni lasciati liberi nel 2021 dai 2 ospedali, Besta e Istituto dei Tumori, che si trasferiscono nella Città della Salute, alla fine di un percorso amministrativo oramai definito e di un progetto finanziato.
Per Expo si abbia il coraggio di incentivare privati che vogliono insediare attivita legate all’edutainment, al turismo e alla tecnologia.
E soprattutto si restituisca al Consiglio Comunale e ai Municipi il compito di decidere le trasformazioni urbanistiche.

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