Milano 28 Marzo – Entra nel vivo il lavoro a Palazzo Chigi e al ministero dell’ Economia per sistemare i conti pubblici 2017 e per il Def, il Documento di economia e finanza che il governo approverà entro il 10 aprile. Nei prossimi giorni dovrebbe anche tenersi una riunione per sciogliere gli ultimi nodi sul decreto enti locali, che potrebbe essere varato venerdì in Consiglio dei ministri. Si va verso uno sblocco graduale del turn over nei comuni mentre non è ancora stata presa una decisione sui 400 milioni chiesti dalle Province.
Quanto alla manovra bis per il 2017 da 3,4 miliardi, finirà anche questa in un decreto che il governo approverà nella seconda metà di aprile. Dopo lo stop dell’ ex premier Renzi all’ aumento delle accise, il governo cerca più risorse dall’ evasione, confidando anche sul boom della rottamazione delle cartelle Equitalia. Sul Def, invece, è in corso il negoziato con Bruxelles per evitare la procedura d’ infrazione sul debito. Il ministro dell’ Economia Padoan, è alle prese con una manovra monstre per il 2018, anno elettorale. Di qui le tensioni col Pd di Renzi.
ALCOL E SIGARETTE
Lo scorso settembre il governo Renzi ha notificato a Bruxelles la decisone di modificare l’ obiettivo del deficit 2017, alzandolo dall’ 1,8% al 2,4%, a causa delle emergenze terremoto e migranti. La Commissione europea ha replicato chiedendo al governo una manovra aggiuntiva per il 2017 pari a 0,2 punti di Pil, circa 3,4 miliardi. Il governo si è impegnato a farla entro aprile, promettendo tra l’ altro l’ aumento delle accise, che però Renzi ha bocciato. Un miliardo dovrebbe arrivare dall’ estensione dello split payment (lo Stato trattiene l’ Iva ai fornitori) alle società pubbliche. Un altro miliardo dai tagli ai ministeri. Resta in ballo, nonostante il no già espresso dal Pd, un ritocco delle accise ma non sui carburanti, bensì solo su alcol e sigarette.
PRIVATIZZAZIONI, DIVISI SULLA RIPARTENZA
Nel 2016 le privatizzazioni si sono quasi fermate (solo Enav). Con il prossimo Def il ministro dell’ Economia, Pier Carlo Padoan, vorrebbe rilanciarle, per assicurare entrate pari ad almeno 8 miliardi di euro l’ anno. Nel menù rientrano anche Poste e Ferrovie. Ma su entrambe si sono scatenati i mal di pancia del Partito democratico. E perplessità sono state avanzate da almeno due ministri, Delrio (Trasporti) e Orlando (Giustizia) e dal sottosegretario allo Sviluppo, Giacomelli, tutti del Pd. I timori riguardano in sostanza le sorti e l’ universalità del servizio pubblico postale e di quello ferroviario. Padoan invece ritiene il rilancio delle privatizzazioni indispensabile per evitare la procedura d’ infrazione sul debito.
PER NON ALZARE L’IVA SERVONO 20 MILIARDI
L’ incubo di Padoan sono le «clausole di salvaguardia» che, a dire il vero, egli stesso con l’ avallo dell’ ex premier ha previsto per il 2018. Per disinnescare l’ aumento dell’ Iva dal 10 al 13% e dal 22 al 25% a partire dal prossimo primo gennaio, il governo deve trovare 19,5 miliardi.
Una parte di queste risorse, circa la metà, verranno dall’ aumento dell’ indebitamento. Il deficit per il 2018 non sarà infatti più l’ 1,2% del Pil come indicato nella nota di aggiornamento del Def, ma salirà intorno al 2%. La commissione europea preme affinché il prelievo fiscale venga spostato dalle persone alle cose, cioè sull’ Iva. A Padoan potrebbe far comodo un minimo aumento delle aliquote. Il partito di Renzi si oppone perché teme di perdere voti.
IL RISCHIO INFRAZIONE PER I TROPPI DEBITI
A maggio la commissione europea darà il giudizio finale sui conti pubblici italiani e deciderà se aprire una procedura d’ infrazione per debito eccessivo. L’ Italia è al secondo posto in Europa per debito pubblico, dopo la Grecia. A gennaio è arrivato a 2.250 miliardi di euro.
Secondo le regole europee del Fiscal compact il debito pubblico italiano dovrebbe essere quest’ anno pari al 126,6% del Pil, invece la commissione Ue stima che sarà del 133,1% quest’ anno e nel 2018, contro il 132,8% del 2016. Per l’ Italia è indispensabile invertire la tendenza alla crescita. Padoan è impegnato su questo fronte, consapevole dei rischi che si corrono sui mercati. Renzi, ancora ieri, ha definito «stupide» le regole del Fiscal compact.
Enrico Marro (Corriere della sera)
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