Milano 3 Aprile – E’ morto un gigante della letteratura mondiale. Evgeny Evtushenko, il poeta russo deceduto a 84 anni, ha rappresentato un simbolo della cultura sovietica e uno degli intellettuali russi più apprezzati e conosciuti all’estero. Politicamente controversa e contraddittoria la sua vita, ma sul valore specifico della sua arte, non si discute.
“Evtushenko era una leggenda, che viveva secondo la propria formula: un poeta in Russia è più che un poeta”, ha commentato Natalia Solgenitsina, la vedova del grande scrittore e dissidente Aleksandr Solgenitsin.
Nato il 18 luglio 1933 nella regione di Irkutsk, in Siberia, Evtushenko pubblicò i suoi primi componimenti poetici a 20 anni.La sua opera conobbe una rapida popolarità nell’Unione sovietica, soprattutto perché la sua libertà d’espressione e il suo anticonformismo riuscirono ad attirare i giovani stanchi delle rigide regole staliniane.
Divenne così il simbolo di una generazione che sognava di sbarazzarsi dell’eredità di Stalin ma anche uno strumento di propaganda del Cremlino, diventato la casa di Nikita Krusciov.
Nel 1962 il suo poema “Gli eredi di Stalin” venne pubblicato dalla Pravda, organo centrale del Partito comunista dell’Unione sovietica (Pcus) nel quadro della campagna di destalinizzazione voluta dallo stesso Krusciov.
Lo stesso anno, l’agenzia sovietica Tass diffuse il suo poema “Le idee leniniste vivono e trionfano”, che celebra il volo del cosmonauta sovietico Yuri Gagarin, il primo uomo nello spazio.
In una delle sue composizioni più audaci, Evtushenko denunciò l’antisemitismo in Unione sovietica, un tema allora considerato tabù, e l’assenza di un monumento alla memoria degli ebrei massacrati dai nazisti ai Babyi-Yar, vicino a Kiev. Pubblicato dalla stampa ufficiale, questo poema venne criticato nel 1962 dal Pcus, segno di divergenze sulla questione nella nomenklatura. Evtushenko, allora, scrisse una nuova versione per mettersi in linea col partito.
In diverse fasi della sua carriera, il poeta dovette in realtà fare autocritica pubblicamente sulla stampa o davanti al Partito, dopo essere stato attaccato dalle autorità. Nel 1968, in una lettera inviata al Cremlino, protestò contro l’intervento dei carri sovietici in Cecoslovacchia. Dopo pochi giorni, però, fu costretto a fare marcia indietro.
Le opere di Evtushenko sono state tradotte in numerose lingue e lui non ha mai nascosto di amare onori e gloria. All’epoca dell’Urss, quando il paese era chiuso e i contatti all’estero difficili, ha beneficiato di privilegi straordinari: viaggiava in tutto il mondo, ha potuto sposare la sua traduttrice britannica, possedeva vetture di lusso.
Apprezzato da tanti in Russia per la sua grande capacità poetica, Evtushenko fu un sostenitore fedele del Cremlino all’epoca di Krusciov ma anche di Leonid Breznev e dei suoi successori, moltiplicando le poesie sui trattori, le fabbriche, la conquista dello spazio e i piani quinquennali.
“E’ il poeta ufficiale di tutti i disgeli fittizi”, affermava il dissidente ed ex prigioniero politico Vladimir Bukovsky, assicurando che le sue puntate all’estero servivano solo alla propaganda sovietica.
Durante un viaggio a Città del Messico nel 1968, Evtushenko se la prese anche con gli scrittori Yuli Daniel e Andrei Siniavky, che accusò di aver “dato delle armi ai nemici dell’Unione sovietica”. I due scontavano allora una pena di diversi anni di campo di lavoro, avendo fatto pubblicare le loro opere letterarie in Occidente.
Nel 1983, in un’intervista alla stampa francese, Evtushenko affermò che non c’erano prigionieri politici nell’Urss. Nello stesso anno fu decorato da Breznev dell’Ordine della bandiera rossa. “La sua funzione è d’indurre in errore gli stranieri” diceva di lui Nadejda Mandelstam, vedova del poeta Ossip Mandelstam, morto nei campi staliniani. “Mi si dice che sono coraggioso. Non è vero, non mai peccato di eccessivo coraggio.
Non ho tentato di riformare il mondo”, ha scritto lo stesso Evtushenko in un poema.
Nell’ultima ventina d’anni ha vissuto negli Stati uniti, insegnando ultimamente all’Università di Tulsa, in Oklahoma.
Pochi giorni prima della sua morte ha chiesto di essere seppellito a Peredelkino, vicino a Mosca, “non lontano dalla tomba di Boris Pasternak”. (Askanews)
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845