Lo squilibrato di viale Monza e lo stato di insicurezza

Milano

Milano 9 Aprile – Il Questore di Milano, dottor Cardona, ha un grosso lavoro da svolgere. Ha molti, moltissimi dinieghi da firmare. Uno per ogni Milanese che ha deciso di non delegare la propria difesa allo Stato, chiedendo di riprendersi l’ancestrale diritto di proteggere la propria vita, la propria casa e la propria famiglia. È un servitore dello Stato ligio al dovere, il dottor Cardona. E lo Stato è una divinità gelosa, che non perdona infedeltà. Per questo, davanti alle cifre sul calo dei reati, l’unica risposta possibile è no. Solo che quelle cifre, mi perdonerà il Questore se spigolo, sono un po’ problematiche. Perché fotografano i reati denunciati, non quelli avvenuti davvero. Ovviamente, per il Dio-Stato, non vi è alcuna differenza. Esistono solo i reati che il cittadino mette nelle sue burocratiche e cartacee mani. Il resto sono pettegolezzi. E la gente non denuncia. Perché, faccio sommessamente notare, farlo è largamente inutile. Due settimane fa, mia nonna è stata rapinata. La mia famiglia è devota al rito statalista, ed ha denunciato il furto con scasso nell’abitazione. Alla domanda se sarebbe servito a qualcosa, la risposta è stato un cordiale sorriso. La mia famiglia spera fortemente di non doverlo rifare. Perché questa è la prima ed ultima volta che buttiamo via un pomeriggio per un rito inutile. Certo che calano le denunce, dottor Cardona. A che servono? A me hanno rubato cinque biciclette nella mia vita. Mai denunciato una volta. La gente, però, ha paura. Secondo lei è un problema di percezione. Sostanzialmente, dall’ordine pubblico si passa alla psichiatria. Perché temere cose che non esistono è un disordine mentale. Però, qui, arriviamo ad un caso interessante. Ieri mattina, in viale Monza, un tizio con due coltelli era a caccia. No, non era lucido. No, non era un terrorista. Ma la domanda è un’altra. Era reale? O era un’allucinazione collettiva? Faceva parte della percezione di sicurezza? Se fosse entrato in un bar o in un altro luogo senza vie di fuga, in attesa della polizia, la gente cosa avrebbe dovuto fare? Cedere all’irrazionale paura e difendersi, oppure convincersi che no, non c’era il minimo pericolo?

Faccio notare che per neutralizzarlo ci sono voluti diversi agenti, addestrati e formati. Che hanno dovuto sparargli. Perché, altrimenti, qualcuno di loro avrebbe rischiato la vita. Ecco, non credo che anche la loro fosse percezione. Credo sia stata una corretta ed assennata decisione. Non trova, dottor Cardona? Non trova che la legittima difesa debba finire come a Lodi, piuttosto che come a Budrio? E sa qual è la differenza tra i due paesi? A Casaletto Lodigiano il proprietario era armato. Perché il suo Questore, quella volta, deve essersi dimenticato di firmare il diniego. Succede. Anche Omero dormiva. Ed ora potete anche processarlo. A Budrio il tabaccaio ha dovuto tentare di disarmare un ex militare dell’Est per potersi difendersi. Sappiamo tutti com’è finita. Caro questore, rifugiamoci negli antichi proverbi. Meglio, molto meglio, un brutto processo che un bel funerale. E se poi, una volta armati, scopriremo che le pistole prendono polvere perché era solo un problema di percezione, pazienza ci pagheremo una bella terapia. Perché, ho chiesto a diversi eminenti esponenti nel campo psichiatrico, purtroppo per guarire da un’ossessione bisogna essere ancora vivi. È un un’ingiustizia, dottore. Ma che ci vuole fare? È la vita. Per chi ce l’ha ancora. Cioè per chi ha potuto difendersi.

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