Milano 12 Aprile – I finanzieri del Comando provinciale di Milano hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e all’occupazione abusiva di case popolari. Il presunto gruppo criminale, composto da due marocchini, un serbo e due italiani, offriva i propri “servizi”, tra cui anche “matrimoni simulati” e contratti di lavoro fittizi, a cittadini extracomunitari organizzando e favorendo il loro ingresso in Italia con un tariffario che variava dai 1.500 euro ai 10 mila euro. Le ordinanze emesse dal gip Alessandra Simion, su richiesta dei pm Francesco De Tommasi e Sara Ombra, hanno consentito di smantellare la presunta banda che, stando alle indagini, arrivava appunto ad organizzare matrimoni simulati con cittadini italiani, che si prestavano dietro il pagamento di un compenso in denaro. Undici gli indagati a piede libero.
Gli arrestati avrebbero procurato agli immigrati clandestini, stando a quanto ricostruito dalla Gdf, “documenti attestanti dei rapporti di lavoro”, anche “con la complicità di datori compiacenti e retribuiti”. Con questi contratti i ‘clienti’ della banda potevano effettuare la richiesta dei documenti per il permesso di soggiorno. Il tariffario dell’organizzazione, secondo le indagini, “prevedeva il pagamento di 1.500 euro per un contratto di lavoro fittizio, 4.000 euro per un matrimonio simulato (400 dei quali rappresentavano il compenso per le persone che si prestavano al ‘finto’ matrimonio) e fino a 10.000 euro per far arrivare in Italia extracomunitari fornendo loro anche dei documenti falsi”. L’altra attività in cui il gruppo era specializzato, sempre secondo la Gdf, “consisteva nel reperire appartamenti dell’ istituto case popolari Aler di Milano che venivano fittiziamente assegnati ai richiedenti attraverso il rilascio di falsi contratti”.
Alcuni membri dell’organizzazione, infatti, “si spacciavano per funzionari dell’Aler (l’ente è estraneo all’ inchiesta, ndr) ed una volta individuate delle case libere forzavano la porta di ingresso degli appartamenti, la sostituivano con una nuova ed assegnavano l’appartamento, con consegna delle chiavi, ai richiedenti, che credevano così di aver ottenuto legittimamente l’alloggio, dopo aver pagato 4.000 euro”. Nella maggior parte dei casi, però, gli arrestati, dopo aver incassato una “caparra” di 2.000 euro per l’assegnazione della casa popolare, ‘sparivano’ “dopo la consegna del contratto falso”. (Ansa)
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