Supermercati aperti anche a Pasqua. Il “no” di diocesi e sindacati

Cronaca

Milano 16 Aprile – Pasqua è festa ma non per tutti. E dopo la polemica per l’apertura straordinaria dell’outlet di Serravalle Scrivia (in provincia di Alessandria), i sindacati denunciano che ci saranno negozi e supermercati aperti anche in Lombardia. I grandi centri commerciali resteranno chiusi, almeno il giorno di Pasqua. Ma non sarà lo stesso per alcuni Carrefour market ed express e Pam. “Poi ci sono alcuni negozi di abbigliamento”, spiega Marco Beretta, segretario Filcams Cgil Milano. Secondo i dati di Federdistribuzione, a tenere aperto a Milano sarà il 20 per cento degli esercizi commerciali (contro una media nazionale del 15 per cento). I sindacati hanno deciso di non indire uno sciopero ma invitano le rappresentanze di ogni punto vendita che resterà aperto, e in cui i dipendenti sono obbligati a lavorare, a incrociare le braccia.

Ma per i sindacati, non bisogna concentrarsi solo su Pasqua, il problema riguarda tutte le feste. “A pochi giorni dalle festività di Pasqua, Pasquetta, 25 aprile e 1° maggio abbiamo notizia di molti esercizi commerciali, grandi medi e piccoli, aperti in queste date”, scrivono in un comunicato congiunto Cgil, Cisl e Uil. Perché, ricordano “il lavoro festivo nel commercio non può essere imposto dal datore di lavoro e questo è confermato anche da diverse sentenze”. E l’apertura nei festivi, per i sindacati, “non ha prodotto effetti positivi nemmeno per le aziende, diversamente non si spiegherebbero i tanti licenziamenti”. Quindi, perché non chiudere? Una risposta che non è arrivata dai negozianti: né Carrefour, né Pam hanno voluto commentare la decisione di tenere aperto anche la domenica di Pasqua.

Il giorno di Pasquetta rialzeranno la saracinesca, invece, quasi tutti i centri commerciali, i negozi e i supermercati. Sempre secondo i dati di Federdistribuzione, sono il 70 per cento solo su Milano (contro una media nazionale del 63 per cento).

Oltre ai sindacati, anche la curia manifesta la sua preoccupazione. “Il rischio è che si faccia un passo indietro nella costruzione del legame che tiene insieme la società – dice il vicario episcopale Luca Bressan -. Ciò che sta a cuore alla Chiesa non è semplicemente il fatto che i lavoratori non abbiano poi la possibilità di santificare la festa, quanto che non la vivano più. Che la famiglia non veda più, ad esempio, le madri se sono commesse nei negozi”. Un’assenza che “toglie la possibilità a quel nucleo di vivere un momento che lo ricarica”.

La festa, continua Bressan, permette alla famiglia “di non cadere nella sola dimensione produttiva ma di riconoscere il valore simbolico del legame”. I bambini “imparano proprio da genitori e nonni cos’è la festa e cosa significa cercare il senso della vita”. E se “sprechiamo quelle occasioni, non priviamo semplicemente i bambini di una presenza”, ma rendiamo più difficile per loro “interiorizzare un codice di vita”. E così, il problema del lavoro a Pasqua “per noi è serissimo”. Non è semplicemente “trasformare un giorno festivo in giorno lavorativo”, ma è anche una pratica che “indebolisce la società e la cultura”.

Ma Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, ricorda che con le aperture festive si sta solo “applicando una legge italiana del 2011”. Se negli ultimi cinque anni “i consumi sono calati di 80 miliardi”, le aperture festive hanno senso di esistere perché “sono gradite dai consumatori”. Per preferenza degli acquirenti, la domenica, ricorda Cobolli Gigli, “è il secondo giorno di vendita dopo il sabato”. Ed è un modo per fare fronte alla concorrenza dell’e-commerce, “che è sempre aperto”. Per quanto riguarda il turno festivo o domenicale, si cerca comunque “di suddividere il peso tra tutti i lavoratori” e di fare orari di apertura ridotti in occasioni particolari, come Pasqua e Natale. Ma oggi, aggiunge, “il giorno di riposo settimanale non è sempre di domenica”. Questa è “l’evoluzione del mestiere ed è una conseguenza del cambiamento degli stili di vita dei consumatori”.

Claudia Zanella (Repubblica)

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