Oggi la sinistra si batte per i migranti non per i lavoratori

Milano

Milano 3 Maggio – Il lavoro è stato spogliato della sua centralità da politiche del sistema GangBank come ho scritto nel mio libro. Ed è stato spogliato esattamente da quegli stessi attori politici che oggi si scaldano a difesa dei diritti dei migranti, diritti a latitudine variabile.

Forse – pensavo – se questa parte politica non avesse (…)

(…) tradito i lavoratori sottraendo loro diritti e salari, oggi non assisteremmo a una triste guerra tra poveri. Incredibile no? La sinistra diventa (mal)riformista in senso neoliberista in tema di lavoro e poi si riprofuma a difesa di migranti e ong, aprendo le braccia. Perdonatemi se da tempo ho smesso di pensare che esista il mondo dei buoni in sé, dei buoni a prescindere: non abita sotto le insegne del Vaticano e non trova pace nelle chiese, figuriamoci nei palazzi politici. Pertanto non chiedetemi atti di fede.

Aggiungo che il tema sul buonismo doc delle ong non mi appassiona: è innegabile che se puoi salvare una vita umana non ti giri dall’altra parte. E se quelle barche sono lì è giusto che evitino che le acque ingoino donne, uomini e bambini. Il focus del dibattito quindi non è il salvataggio o chi salva. Né lo può diventare il procuratore di Catania, il quale si è limitato ad accendere una luce su un aspetto che è solo una parte del tema migratorio (non so se nei decenni passati ci fosse questo affollamento a ridosso delle acque territoriali libiche). Ricordo che Zuccaro è lo stesso procuratore che indaga sul Cara di Mineo.

Il focus, dunque, non può che essere politico. Provo a metter giù per punti alcune riflessioni. Primo, le navi delle Ong non possono diventare il regista dei salvataggi nel mediterraneo. Faccio un esempio. Proviamo a immaginare una concentrazione di spacciatori attorno a una struttura dove si curano i tossici. Gli operatori del centro – giustamente – uscirebbero tutte le volte che sapessero di una persona in crisi. Si può dire che costoro sono in combutta con gli spacciatori o che hanno interesse ad alimentare lo spaccio per avere la struttura piena? Salvo prove evidenti, io non lo penserei. Però sarei contento se le forze dell’ordine ripulissero la zona e prendessero gli spacciatori di morte. Quella struttura avrebbe meno tossici da salvare e forse sarebbero anch’essi contenti. O no?

Le Ong non possono sostituirsi alla politica nella soluzione del problema, né possono diventare gli attori assoluti e financo “autarchici” di un fenomeno che non deve più alimentarsi con le stesse dinamiche con cui si alimenta oggi. L’emergenza diventerà una bomba sociale, sia chiaro al netto della solidarietà. L’Europa (altrimenti a che serve?) deve essere presente per fermare questo traffico criminale, disumano. E se “fermare” significa dire alle imbarcazioni Ong «State un passo indietro perché adesso interveniamo noi», sarebbe sacrosanto. Il guaio è che Bruxelles, questa forza e questa intenzione, non ce l’ha; né si può pensare che possa essere la sola Italia ad affrontare una emergenza assoluta. I numeri sono decisamente in aumento. Più 51% di arrivi in Italia nel primo trimestre rispetto allo scorso anno, quasi tutti via mare.

Secondo. Quando il procuratore parla di «disegno per destabilizzare l’economia italiana» non sta affermando il teorema di una indagine, afferma al contrario ciò che la politica dovrebbe aver capito da tempo: troppi immigrati costituiscono una riserva di lavoratori da impiegare purché sia, con la conseguenza evidente di destabilizzazione dell’economia e pure della società. Il ministro Minniti continua a sostenere – sull’onda delle dichiarazioni dei predecessori – che se ogni comune si prendesse carico di una piccola parte di immigrati, il problema non sussisterebbe. Non è vero. È una immagine che non regge alla prova dei fatti. I comuni non hanno soldi. Nessuna politica di inserimento può essere fatta senza una programmazione di bilancio. I Comuni italiani stanno vivendo una crisi di bilancio che si riverbera in uno scollamento sociale.

Torno al tema del lavoro e dei diritti. Le graduatorie per l’assegnazione delle case piuttosto che dei posti negli asili è spessissimo causa di tensioni tra cittadini e stranieri. Le pulsioni diventano rabbia perché manca un regolatore istituzionale credibile e non retorico. Se la politica riduce i diritti dei cittadini, poi non può pensare di fare la morale parlando dei diritti degli altri, altrimenti il primato dei diritti sembra dipendere dalle latitudini d’appartenenza dei soggetti.

Non sarà razzismo al contrario, ma di sicuro la logica sfugge.

Gianluigi Paragone (Libero)

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