Milano 13 Maggio – È risaputo in tutto il mondo che uno dei sistemi pensionistici internazionali è quello italiano. Sia chiaro, non si tratta delle pensioni dorate che riguardano solo una piccolissima parte della popolazione, ma dell’intero sistema che prevede un eccessivo dislivello e quote anagrafiche che si innalzano sempre di più. Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, l’età pensionabile potrebbe salire ulteriormente nel 2019, arrivando a toccare quota 67 anni. A giustificare questo ulteriore aumento potrebbe essere un ulteriore miglioramento delle aspettative di vita.
Nel corso degli ultimi 3 anni, la soglia era stata spostata in avanti per ben due volte, di 3 mesi nel 2013 e di 4 nel 2016. Per il successivo triennio era però possibile pensare ad un adeguamento nullo, visto che nel 2015 la Ragioneria di Stato aveva preso atto di un calo delle aspettative di vita. I dati esatti dovrebbero pervenire solo a fine 2017, ma sta di fatto che, nella migliore delle ipotesi, l’aspettativa di vita dovrebbe salire di ulteriori 120 giorni, salendo a 5 mesi qualora siano rispettate le attuali tabelle demografiche.
Non si tratta di buone notizie, quindi, per l’intero comparto lavorativo, con diversi italiani che potrebbero andare in pensione ben oltre i 40 anni di contributi accumulati. Numeri clamorosamente alti, se si pensa che poi il frutto del lavoro non si riesce mai a cogliere appieno durante la vecchiaia. Ancora una volta sono le statistiche a confermarlo: secondo l’Osservatorio Statistico dell’INPS, oltre 6 italiani su 10 sopravvivono con una pensione più bassa di 750 euro. La parte “peggiore” tocca – come spesso accade – all’universo femminile, visto che sono quasi 8 le donne su 10 con una pensione inferiore alla quota di 750 euro. Si tratta per lo più, quindi, di pensioni di fascia bassa, di poco al di sopra della soglia di povertà.
Certo, sono diversi i pensionati che hanno diritto a più prestazioni pensionistiche o che vantano altri redditi, ma è pur vero che sono sempre di più quelli che non riescono certo a godere appieno dei contributi versati durante la carriera lavorativa. Per questi motivi, cresce incessantemente l’ammontare dei cittadini italiani che si rivolge agli istituti finanziari per aprire fondi di pensione integrativa. Si tratta di strumenti finanziari molto flessibili e generalmente poco esosi dal punto di vista economico che, avendo anche il vantaggio della deducibilità fiscale, riescono a garantire agli italiani una buona somma economica da riscattare durante gli anni della pensione.
L’opzione della pensione integrativa interessa buona parte dei lavoratori italiani dipendenti, ma può tornare utile anche ai liberi professionisti o ai commercianti sempre più tartassati dal sistema di tassazione nazionale, in quanto un fondo pensione o un PIP offrono il notevole vantaggio della deducibilità fiscale. In Italia, in data 1 gennaio le pensioni erano più di 18 milioni, di cui più di 14 sono di natura previdenziale, derivanti cioè dall’attività lavorativa. Le altre 4 milioni di pensioni sono erogate agli invalidi civili e anche a pensioni e ad assegni sociali. Questo dato palesa anche la difficoltà di una parte dei pensionati italiani, che devono necessariamente rivolgersi allo Stato per arrivare a fine mese. Annualmente, le casse dello Stato sborsano oltre 197 miliardi di euro per le pensioni, di cui quasi 177 “appoggiate” dalla previdenza lavorativa. Resta comunque evidente che, per come è organizzato, il sistema pensionistico italiano ha diverse falle e che questa strutturazione rende sempre più probabile che i lavoratori si rivolgano agli istituti che propongono forme pensionistiche integrate.
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