Milano 21 Maggio – Ha postato i video dell’Isis perché si sentiva solo. Ha accoltellato due agenti perché era triste. È Islamico, ma non praticamente. Allah Akbar lo urla perché suona bene, probabilmente. Questo il quadro che emerge da un’indagine de Il Giorno su Hosni, il primo attentatore Islamico con tendenze agnostiche:
«Sono musulmano non praticante», dice. E sullo sfondo c’è quell’infanzia difficile, i genitori in carcere, il trasferimento in Tunisia a 7-8 anni, il rientro a Milano nel 2015. «Sono solo e abbandonato, ero arrabbiato e mi spiace per quello che ho fatto». Sono le prime parole di Ismail Hosni, il ventenne italo-tunisino che giovedì sera ha accoltellato due militari dell’Esercito e un agente della Polfer al piano ammezzato della Stazione Centrale, e ora è sorvegliato a vista a San Vittore.
La versione pare non convincere affatto gli inquirenti. Prosegue così l’articolista:
«Non ci è sembrato uno squilibrato, e il magistrato non ha disposto alcuna valutazione sanitaria», ha precisato ieri il questore Marcello Cardona, arrivato in Centrale pochi minuti dopo l’aggressione. L’accusa è tentato omicidio, ma i pm Alessandro Gobbis e Alberto Nobili hanno aperto anche un fascicolo per terrorismo. L’obiettivo: capire se e in che modo il ventenne si sia avvicinato a quel mondo che spesso fa leva su persone fragili ed emarginate. Persone come Tommaso Ben Yousef Hosni Ismail, nato a Milano il 17 agosto 1996 da padre tunisino e madre italiana originaria della foggiana Ischitella. Entrambi avevano già allora problemi con la giustizia: per lui si parla di danneggiamenti, furto, ricettazione e stupro; su di lei grava, tra le altre, la pesantissima accusa di atti sessuali su minori, che l’ha tenuta in carcere tra il 1999 e il 2006.
Da qui in poi partono i violini e le melodie strappalacrime. Se la sua carriera da mujaheddin è finita (male) al primo colpo, forse potrà contare su una più radiosa scalata nelle trasmissioni televisive della D’Urso.
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