Ma serviva davvero una “Giornata dell’Antifascismo”?

Attualità

Milano 28 Maggio – Secondo l’Anpi, ovviamente, sì. Soprattutto perché l’estrema destra starebbe “rialzando la testa”. Secondo la modesta e del tutto irrilevante opinione di chi scrive, l’Anpi dovrebbe farsi giusto un paio di domande sul perché questo avvenga e sul fatto che, magari, non è del tutto priva di responsabilità. Un esempio clamoroso è quanto successo il 27 Maggio tra Crescenzago e Bergamo. Partiamo da Crescenzago. Quattro giovani fanno una goliardata: si fanno una foto davanti ad una sede dell’Anpi con un cartello provocatorio, che poi lasciano affisso sulla porta. Non ci sono fasci littori, non ci sono apologie del fascismo. Non ci sono reati, salvo quelli concernenti alla violazione della proprietà, che non gli verrà mai contestata. E niente, nonostante tutto viene mobilitata la Digos, la Questura, i Servizi Segreti, la Federazione Galattica e i Jedi. Per cosa? Per una foto. Per una mezza provocazione. Io ho fatto parte delle sentinelle in piedi. Tante volte, se ho potuto dimostrare pacificamente (ed in silenzio) senza rischiare il linciaggio da parte degli amici dell’Anpi, lo devo a quegli stessi ragazzi. Che hanno rischiato l’aggressione al posto mio. Non ne condivido molte idee, ma ho abbastanza rispetto per il diritto democratico di espressione di chiunque per pensare che sia demenziale, nel 2017, che qualcuno indaghi per un volantino affisso sulla porta dell’Anpi di Crescenzago, invece che su quelli che volevano linciare delle persone che si trovavano in piazza a leggere in piedi un libro in silenzio. E lo stesso dovrebbero pensarlo gli autonominatisi custodi e numi tutelari della democrazia. Sempre che il termine “democrazia” abbia lo stesso significato per tutti noi, ovviamente. Perché, detto con il massimo rispetto, a me talvolta sorge il dubbio che per la sinistra significhi “noi abbiamo vinto e rivendichiamo il diritto di opprimervi sempre e comunque”. Comunque l’apice dell’involontaria comicità si raggiunge quando Giuseppe Natale, presidente dell’Anpi di Crescenzago dichiara che: “Mi dicono che molti dei ragazzi di Lotta Studentesca sono liceali e questo è davvero triste”. Lotta Studentesca è un movimento che nasce alle scuole superiori. Cosa si aspettava, che fossero ottuagenari iper ripetenti? Semmai io fatico a comprendere come sia possibile che l’Anpi abbia degli iscritti ventenni, ma questa è un’altra storia.

Il secondo momento che dovrebbe farci riflettere su quanto stia succedendo in questo paese avviene a Rovetta, provincia di Bergamo. Si ricordano 43 fucilazioni, a guerra finita, di ragazzi tra i 16 ed i 22 anni appartenenti alla Legione Tagliamento. Per l’Anpi è un momento da cancellare. Come la memoria di quei ragazzi, arresisi in mano a dei compatrioti a cui invece che il diritto di guerra fu applicata una barbara vendetta. Vendetta causata da 13 partigiani fucilati dalla Tagliamento. Ora, dobbiamo intenderci: dopo la fine delle ostilità, senza più alcun pericolo, dopo la consegna delle armi, 43 fucilazioni non sono una rappresaglia legittima. Altrimenti dovremmo concludere che lo fossero anche le Fosse Ardeatine. In ogni caso è del tutto legittimo che qualcuno si senta in dovere di ricordare. L’Anpi non la pensa così. Ed è questo il dramma. Non si difende la democrazia cancellando la memoria. Non si difende nulla, cancellando la memoria. Guardate gli Stati Uniti: le celebrazioni Sudiste sono sopravvissute 150 anni. È tornata la schiavitù? Direi di no. Obama ha fatto il Presidente? Direi di sì. Eppure la bandiera confederata fino alle recenti stragi è campeggiata anche su edifici pubblici, in Carolina del Sud. Che, per capirci, era governata da una donna di stirpe Indiana. Sì, possono non piacere le parate e i saluti Romani. Ma è l’Anpi che gli dà lo spazio di esistere. Se quella fosse memoria condivisa Rovetta non sarebbe un sacrario. E se l’Anpi facesse quello che è nata per fare, commemorare la Resistenza, invece di dire la sua sulla qualunque, dai Referendum Costituzionali alla ricetta della salsa di pomodoro da usare nelle spaghettate antifasciste, vivremmo in un paese più libero. E democratico. In cui non si temono i morti, perché troppo deboli e pavidi per affrontare i vivi.

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