Dalla stazione al centro regna il degrado. Centinaia di clandestini accampati a ogni ora del giorno. Intanto la sinistra sfila per averne di più come Barcellona. E contesta i blitz delle forze dell’ordine.
Milano 5 Giugno – Marcia per i profughi il Pd a Milano. E non si accorge che i profughi si sono presi tutto. Le nostre strade, le nostre piazze, persino i Bastioni eleganti che un tempo erano baluardo (bastia) contro il nemico e oggi pullulano di disperati e vite stralunate.
C’era tutta la sinistra che conta al corteo del 20 maggio per abbattere i muri e chiedere più migranti. Il sindaco Sala che un tempo andava a passeggio con la Moratti e oggi sfila accanto ai centri sociali ricambiato a suon di fischi e insulti. L’assessore ai Servizi sociali Majorino, che è il grande timoniere dell’accoglienza e ne va pure fiero. Per non dire della Milano dei salotti buoni e del Pd che ha vergogna a sentirsi chiamare radical chic ma non fa un plissé mentre la colf immigrata le serve il caffè delle sette. Guardatele le foto di questa pagina. E poi dite chi ha ragione. Noi che la raccontiamo l’invasione o loro che non vedono, non sentono e vestono la maglia ipocrita dell’integrazione.
Ma ci va Majorino in quelle strade? Lo sente l’odore acre dei marciapiedi? Le vede quelle vite buttate a casaccio?Guardate la foto grande. La chiamano una galleria di cemento e odore di piscio che porta dritto alla stazione. Di giorno la calpestano i lavoratori indaffarati e i tacchi a spillo delle signore, la notte diventa un bivacco di umanità allo sbando illuminato dai led dei lampioni. Si abbassano le saracinesche e gli immigrati arrivano alla spicciolata. Un tizio con la maglietta bianca e le scarpe sgualcite dà gli ordini ai margini del marciapiede. Gli altri stanno a sentire rìottosi, i vestiti appiccicati addosso, gli occhi lividi di rabbia e paura. Una ragazza di vent’anni esce da un portone lasciato spalancato ma annusa l’andazzo e sfila via veloce nelle sue infradito nere. E quando l’ennesimo disperato ha conquistato il suo metro di pavimento lercio comincia il balletto della notte. Spartirsi le speranze, litigare per la coperta e poi fare a cazzotti per il vino rubato al clochard dietro l’angolo.
All’alba passi e fai lo slalom tra materassi sporchi e corpi arrotolati in sudicie coperte. Una sciagura per loro che lo accettano. Uno schifo per noi che lo vediamo. Qui un tempo c’era la movida dei calciatori. Oggi c’è la movida dei disperati ed è un insulto a Milano.
Due metri più in là fa capolino piazza Duca d’Aosta, il gran piazzale della stazione che era un tempo dei milanesi. Biglietto da visita della borghesia per bene e lavoratrice, punto di incontro di tanti italiani onesti e delle turiste dalle facce lentigginose che arrivavano da Barcellona e si stupivano della maestosità dei marmi.
«Benvenuti a Milano Centrale» ti informa la voce sul treno che si avvicina lento alla galleria. E sai già che è una presa per il culo. Perché scendi dal vagone ed entri a passo svelto nella corte dei miracoli. Una sfilza di anime smunte e allampanate se ne stanno accasciate lungo le aiuole.
Sono sfiniti dall’indolenza i migranti, sono carichi di ricordi e di birra cattiva. E non ci provano nemmeno a darsi da fare. Sene stanno immobili e rassegnati sui gradini, sui prati, ai semafori, persino sotto il sole di giugno. I più fortunati si sono trovati un materasso zeppo di cimici. Che tanto va bene, che tanto è l’Italia. E il giochino l’hanno capito anche loro: c’è un centro di accoglienza nella vicina via Sammartini che li sfama e smista a seconda delle esigenze – vitto e alloggio e 2.50 euro al giorno per il bus -mentre la Mela grande del Pistoletto li guarda di traverso e non sa se piangere o offrire un riparo. Ci sono i loro sacchetti neri coi vestiti dentro da sistemare. Uno li ha infilati in un carrello dell’Esselunga ruzzolato per magia fuori dal metrò.
Potrebbe esserci un cadavere lì dentro o una bomba da far scoppiare in piazza ma la gente chiude gli occhi e tira dritto. E deve essere un cortocircuito se nessuno va mai a guardarci dentro.
L’altro giorno c’è stato un blitz di forze dell’ordine davanti alla Stazione. 52 persone portate in questura per controlli. I milanesi hanno detto «arrivano i nostri, era ora», ma le anime belle della sinistra sinistra e del Pd si sono rivoltate. Il dito puntato contro la destra gretta e razzista, il “no ai muri” scritto sulla maglia gialla delle feste dell’Unità. Neppure l’onestà di dire che quella piazza fa paura, che in pochi mesi ci sono state due aggressioni ed entrambe ai danni di militari onesti che facevano il loro dovere, chiedevano i documenti e si sono beccati pugni, coltellate e forse l’irrisione gretta degli autonomi amici del Pd. Il sindaco Sala pensate ha contestato la tempistica dei controlli, «si poteva fare diversamente, ci dovevano avvisare». Non sa Sala che i bimbi hanno smesso di andarci con lo skateboard in quella piazza e le donne non ci passano la sera perché hanno paura di essere violentate, non è razzismo è quel che pensa un donna.
Non temete, non è finita. Andate in porta Venezia. Andateci in un giorno qualunque. Dagli alberi non scendono fiori di pesco e rami di glicini ma file di reggiseni insolenti e pantaloni strappati. E i prati sono letti, dove si sbatte la vita e anche la sconosciuta di turno. Fanno crocchio sotto gli alberi i profughi della disperazione, si addormentano, si risvegliano, pisciano e vanno di corpo, un tizio scava in una scatoletta di tonno col dito chissà che non moltiplichi i pesci come Gesù… Un altro in fila le mani tremanti tra le dita smilze dei piedi. C’è anche un tizio che qualcuno chiama il profeta. Dirige le auto che parcheggiano sul viale sperando di intascare un soldo. Non c’è più nulla di nostro e tutto è diventato loro. Di diritto. Anche il “9” si sono presi, il tram che passa di lì conduce dritto alla mensa dei poveri. I più “volenterosi” hanno smesso di aspettare e si sono prestati al giochino del commercio abusivo. Oggi Buenos Aires, la via dello shopping dove aprire un’attività può costare 10mila euro di affitto al mese, è una distesa di venditori abusivi di false griffe. E non è finita, sapete, perché i più furbi si sono inventati la nuova frontiera dell’elemosina. Si mettono agli angoli delle vie e infilano il cappellino sotto il naso del passante. Se stai al gioco metti un euro, se non ci stai il capellino torna in testa e nessuno ha visto nessuno.
Chiedono più immigrati, i signori del Pd e i loro amici vip, e non si accorgono di quelli che si sono portati dentro casa. Malamente, a fatica, strattonando i milanesi e invitandoli a farsi più in là e a rinchiudersi nelle loro quattro mura. Avanti c’è posto. A proposito: 422 posti Spra (il sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) non bastavano a Majorino. «Mettiamone mille», ha dunque detto. E poi ha inventato il festival dell’accoglienza. Ha messo i profughi a pulire strade. Li ha voluti a correre la maratona. Tra poco, siamo sicuri, dirigeranno il traffico. Diciamolo. A Milano se non sei profugo non sei nessuno.
Siamo la città dove due sussidi comunali su tre finiscono alle famiglie con minori extracomunitari (1246 su 1924). Dove il Comune apre sportelli per aiutare i migranti a denunciare gli italiani in caso di discriminazione. E dove ai profughi danno tutto anche il centro di accoglienza dei poveri italiani (di via Lombroso). Non è colpa dei profughi. E’ colpa di quelli che governano Milano e hanno già pronta la prossima marcia. Venghino venghino i migranti. Che prima o poi Milano la seppelliranno.
Simona Bertuzzi (Libero)
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