Ricordiamo Jimi Hendrix e il ’67, l’anno del Big Bang del rock

Cultura e spettacolo

Milano 7 Giugno – Secondo Dave Marsh “Are You Experienced” ha avuto per il rock, e la musica in generale, l’importanza del Big Bang. Il rock non è nato con questo album ma, sicuramente, dopo la sua uscita non è stato più lo stesso. Sono passati 50 anni dall’uscita di quello che rimane uno dei più influenti album di debutto della storia.

Per dire del clima che si respirava in quella che rimane l’età dell’oro del rock e della cultura giovanile, nell’anno di grazia 1967 sono usciti, per citarne solo alcuni, “Sgt Pepper” dei Beatles, “The Piper At The Gates oF Dawn” dei Pink Floyd, “Disraeli Gears” dei Cream, “The Doors”, primo album di Jim Morrison e compagni, “The Velvet Underground & Nico”, “Surrealistic Pillow” dei Jefferson Airplane, “Absolutely Free” di Frank Zappa. La risposta alla domanda cosa rende possibile accostare “Are You Experienced” al Big Bang è semplicissima: James Marshall “Jimi” Hendrix. All’epoca era da poco arrivato a Londra lasciandosi alle spalle la vita difficile e senza futuro di un turnista che suonava in modo inconsueto (Little Richard lo licenziò perché considerava troppo invadente il suo atteggiamento sul palco) e che faceva fatica a sbarcare il lunario sbattendosi nei circuiti minori. Come è stato tante volte raccontato, a portarlo a Londra, che allora era il centro del mondo e non solo musicale, era stato Chas Candler, ex bassista degli Animals (quelli di Eric Burdon e di “The House of Rising Sun”) che, su suggerimento di una ex di Keith Richards, era andato a sentirlo suonare al leggendario “Cafe Wha?” nel Village di New York. Hendrix ebbe da subito un impatto devastante sulla scena londinese che pure annoverava chitarristi come Eric Clapton, Jimmy Page, Pete Townshend, Jeff Beck. Semplicemente nessuno prima di lui aveva suonato in quel modo, allargando i confini dello strumento, creando, sulle basi del blues e della tradizione black, nuovi suoni e un nuovo modo di concepire la musica. Le registrazioni durarono da ottobre 1966 ad aprile 1967. Fu Chandler a scegliere i due musicisti che completarono la Jimi Hendrix Experience: Noel Redding, un ex chitarrista convinto a passare al basso, e Mitch Mitchell, un giovanissimo quanto preparatissimo musicista dalla tecnica e dalla concezione jazzistiche che si rivelerà il batterista perfetto per Jimi.

Un ruolo decisivo per la riuscita dell’album lo giocò Eddie Kramer, storico ingegnere del suono che ancora oggi cura la riedizione digitalizzata delle registrazioni del genio di Seattle. All’epoca, si registrava su quattro piste, non era facile portare su vinile la musica di Hendrix: il volume era assordante, le invenzioni musicali di Jimi semplicemente mai sentite. La verità è che l’ex turnista squattrinato suonava la musica del futuro, ci sono voluti anni prima che il suo linguaggio venisse assimilato dalla musica: non è un caso che uno dei primi a cogliere la folgorante novità di quel repertorio sia stato Gil Evans, che aveva immaginato di registrare un album con Hendrix e Miles Davis che non fu realizzato per la gelosia di Davis che per altro, nell’ultima parte della sua carriera, chiedeva ai suoi chitarristi di suonare alla maniera del “Vodoo Child”. Ed è proprio per questa incredibile capacità di creare mondi sonori inesplorati che la musica di Hendrix è ancora attualissima. Era mancino, aveva una tecnica prodigiosa, (suonava con i denti e con lo strumento dietro la schiena), le sue mani enormi gli permettevano di premere con il pollice della mano destra (quella degli accordi) le sei corde, aveva uno spettacolare senso dello show, trasformava in musica mai sentita la sua passione per la fantascienza. Anticipato dal primo singolo, “Hey Joe”, l’album ebbe un immediato successo anche in America: ci sono temi leggendari come “Foxy Lady”, “Purple Haze”, “Manic Depression”, “The Wind Cries Mary”. Il Blues, il Soul, il Rhythm and Blues si fondevano con la pischedelia e una concezione jazzistica della musica, basata sull’improvvisazione, il ruolo decisivo della batteria che si inseriva a pieno titolo nel discorso musicale lasciando al basso il mero compito ritmico. Purtroppo Jimi non fece in tempo a realizzare il suo progetto musicale: costretto a sottoporsi a una folle routine di concerti, vessato da un contratto capestro (sostanzialmente non aveva i diritti sui primi cinque album) è morto il 18 settembre 1970 a 27 anni. Sono passati 50 anni dal suo debutto eppure ancora oggi sembra di sentire la musica del futuro.(Ansa)

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