In marcia, contro la realtà

Milano

Milano 8 Giugno – Questa è una storia come tante, che spiega quanto questo paese non abbia futuro. I lavoratori del San Raffaele, dopo gli allegri e munifici anni di Don Verzè, sono in marcia. Come quattro anni fa. Solo che l’ultima volta era per salvare 244 colleghi. Che, in effetti, non sono stati licenziati. Stavolta, invece, lo si fa per riavere i contratti precrisi. Ah. Nel dettaglio, come riportato da Il Giorno:

«Chiediamo il ripristino di un sistema di incentivi decoroso – spiega Rottoli -. Sinora ci hanno restituito i superminimi che ci dovevano per legge, e nel 2015 ci hanno dato un una tantum di 200 euro, dopo le tasse, che noi dell’Sgb non abbiamo firmato. Per il 2016 l’azienda ha messo sul tavolo 375 euro, e s’è detta disposta ad arrivare a 400 davanti al prefetto, ma in welfare, cioè buoni spesa fino a 250 euro e poi rimborsi. E rifiuta di prevedere qualcosa per il 2017: non vuole un accordo di ampio respiro, e lo stesso accade per i permessi retribuiti, per la regolamentazione di ferie e part time». I sindacati chiedono un accordo a lungo termine sul sistema incentivante, «legato non al bilancio, perché non possiamo gestirlo noi, ma al fatturato».

Ci sono due elementi che, mi si consenta, lasciano basiti. Il primo è di ordine generale. La crisi non è finita, non finirà mai in alcuni settori. La sanità è uno di questi. Dodici milioni di Italiani decidono di rimandare o rinunciare alle cure, per ragioni economiche. I grandi gruppi sanitari, che non fanno beneficenza, sono i primi a soffrirne. Anche perché dipendono, in gran parte dalle convenzioni. Queste convenzioni hanno il problema di avere, come controparte, una Regione, la Lombardia che, nonostante l’impegno continuo del suo Assessore alla Sanità, Giulio Gallera, è il bancomat di Roma. Quindi il quadro è delicatissimo. In questo quadro ci sono dei signori, con delle rispettabilissime esigenze, ci mancherebbe, che chiedono di fregarsene della realtà. Perché loro vogliono di più. Ecco, forse questa cosa ci sta sfuggendo di mano. Soprattutto se passiamo al secondo punto: loro gli aumenti li vogliono sul fatturato, mica sul bilancio. Sì, vediamo di capirci: il bilancio è l’unico strumento con cui un’impresa possa decidere come remunerare i propri lavoratori. Perché il fatturato, anche detto il lordo, è mangime per le cavallette. Di Stato, in particolare. Quel che rimane dopo le locuste può essere diviso. Se rimane qualcosa. Se i lavoratori volessero seriamente ottenere quel che chiedono dovrebbero marciare contro le tasse. Ma figuriamoci. Meglio prendersela con gli imprenditori, ci mancherebbe.

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