Milano 9 Giugno – Jean Claude Juncker, il presidente della Commissione Ue, ha già fatto i conti: «Ci potrebbero essere fino a 250milioni di rifugiati climatici da qui al 2050». Persone alle quali Bruxelles potrebbe spalancare le porte del continente europeo se il regolamento «sull’attribuzione a cittadini di Paesi terzi o apolidi della qualifica di beneficiario di protezione internazionale»,in discussione a Strasburgo, cambierà nel senso di garantire ospitalità non solo a chi scappa dalle guerre, ma anche«da una calamità naturale o provocata dall’uomo». Non è uno scherzo: all’Europarlamento, con la benedizione della Commissione (il «governo» comunitario), c’è qualcuno che sta lavorando per allargare ulteriormente le maglie del diritto all’asilo. Riconoscendolo non solo a chi sostiene di cercare riparo da guerre e violazioni dei diritti umani, ma anche a chi scappa da inondazioni, scioglimento dei ghiacciai e innalzamento del livello del mare. In prima fila, tanto per cominciare, ci sono i gruppi parlamentari di sinistra, da sempre convinti del rischio rappresentanto dal presunto global warming, il riscaldamento globale. Una «minaccia» talmente «grave» da giustificare, secondo l’emendamento numero 69 presentato alla Proposta di regolamento in discussione, la concessione della protezione internazionale. Al pari di chi fugge dai conflitti.
BATTAGLIA IN AULA
Regista dell’operazione, che dovrà comunque superare lo scoglio dell’Aula, è la deputata socialista Tanja Fajon, relatore del «Progetto di relazione». Fajon ha proposto di aggiungere il pericolo rappresentato appunto «da una calamità naturale o provocata dall’uomo» – e qui entra in ballo il presunto mutamento del clima attribuito alle emissioni di gas serra – tra le condizioni in grado di far scattare l’asilo europeo.
«Le persone o gruppi di persone, che, per motivi ineluttabilidovutiacambiamenti repentini o progressivi dell’ambiente che incidono negativamente sulla loro vita o sulle condizioni di vita, sono obbligati a lasciare le loro case e sono alla ricerca e bisognosi di protezione, dovrebbero beneficiare del presente regolamento per la protezione internazionale nell’Unione europea», recita la «motivazione»inserita in calce all’emendamento all’articolo 16. Una battaglia condivisa dall’italiana Elly Schlein, eletta con il Pd e adesso esponente di Possibile, la formazione di Giuseppe Civati, e naturalmente dai Verdi europei. Per Schlein , che con Fajon condivide l’appartenenza al gruppo dei socialisti e democratici, è «tempo di considerare a livello internazionale» la situazione dei rifugiati climatici. Una categoria verso la quale l’Occidente «ha un grande debito», a causa dei danni che starebbero subendo i Paesi vittima del cosiddetto climate change. «Su questo ci dobbiamo concentrare», è l’appello della deputata.
D’accordo la verde Jean Lambert, secondo cui il Parlamento «deve aprire la strada» alla modifica delle regole sulla protezione. Quanto sta accadendo, del resto, non fa che dare seguito a quanto votato dall’Europarlamento il 17 dicembre 2016. In quell’occasione l’Aula di Strasburgo votò una risoluzione che impegnava il Parlamento a «partecipare attivamente al dibattito sul termine rifugiato climatico, compresa la sua eventuale definizione giuridica nel diritto internazionale o negli accordi internazionali giuridicamente vincolanti». Il caso ha voluto che la discussione sulla riforma della protezione internazionale arrivasse in concomitanza con la diffusione, da parte dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, delle stime aggiornate sui «profughi ambientali»: 200-250 milioni entro il 2050. Un numero fatto proprio, ovviamente al rialzo, dallo stesso Juncker in occasione della firma del nuovo consensoeuropeo sullo sviluppo durante gli European development days.
LA SPONDA DI JUNCKER
«Senza uno sforzo serio di tutti per lottare contro i cambiamenti climatici, 100 milioni di persone potrebbero finire nell’estrema povertà da qui al 2030 e ci potrebbero essere fino a 250 milioni di rifugiati climatici da qui al 2050», ha detto ieri il presidente della Commissione a Bruxelles. Juncker ha offerto copertura politica alla proposta in discussione a Strasburgo: «La crescita del livello del mare non è mai stata così rapida, addirittura ci sono Paesi che rischiano di sparire». Insomma, «l’avvenire dell’umanità è in gioco e dobbiamo agire; agire tutti insieme e rinnovare le nostre ambizioni». Per ora, sul tavolo c’è la proposta di investire seimiliardi di dollari all’anno per «finanziare obiettivi di sviluppo duraturo», ma le dichiarazioni di ieri di Juncker lasciano aperto più di uno spiraglio per offrire copertura ai «migranti climatici». Parole che, insieme alle mosse dei socialisti, hanno provocato la reazione di Alessandra Mussolini. Se la riforma ottenesse il via libera dell’Europarlamento, denuncia l’esponente di Forza Italia (Ppe), il riconoscimento dello status di rifugiato climatico «costituirebbe un fattore di richiamo enorme» per i migranti. In primis quelli provenienti dai Paesi dell’Africa equatoriale.
Tommaso Montesano (Libero)
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