Milano 17 Giugno – A giudicare da come si sono comportati fino a oggi i signori del governo,viene da pensare che non abbiano idea di come gestire il caos immigrazione. Invece, apprendiamo che un’idea ce l’hanno. Peccato che sia pessima. A illustrarla è stato il ministro dell’Interno, Marco Minniti: si tratta del «modello Milano », basato su una «accoglienza equilibrata, sostenibile e diffusa».
Celebrando la gestione meneghina dell’accoglienza, Minniti intendeva inviare un messaggio a Virginia Raggi. Il sindaco di Roma, infatti, nei giorni scorsi ha preso una posizione piuttosto decisa contro gli arrivi in massa di stranieri nella Capitale. In una lettera inviata alla Prefettura,la Raggi ha chiesto di fermare i trasferimenti degli immigrati nella sua città. «Vista la forte presenza migratoria e il continuo flusso di cittadini stranieri», ha spiegato la prima cittadina romana, serve «una moratoria». Basta migranti sotto al Colosseo, insomma. Una posizione più che legittima, al netto delle ambiguità del Movimento 5 stelle sulla materia. Il problema, infatti, non è la richiesta della Raggi, bensì la risposta del Viminale. Il ministero ha comunicato quanto segue: Roma deve smetterla di lamentarsi e fare la sua parte. Il piano siglato con l’Anci -l’associazione dei Comuni italiani -prevede che la capitale accolga altre 2.000 persone oltre alle quasi 5.000 che già ospita. Dunque, niente storie: gli immigrati arriveranno, che lo vogliate o no. Ecco, questo è l’atteggiamento che i governi di centrosinistra stanno manifestando da diverso tempo. Appena una città si oppone all’invasione, o anche solo osa alzare il ditino per chiedere pietà dopo l’ennesimo pullman di stranieri giunto nottetempo, la risposta arriva immediata: zitti e accogliete. A quanto pare, la convinzione dell’attuale esecutivo (e di quelli immediatamente precedenti) è che agli ingressi non vada posto alcun limite. Le frasi di Minniti lo confermano.
LA REALTÀ DEI FATTI Esaminiamolo per davvero, questo tanto decantato «modello Milano».In base al piano sottoscritto dall’Anci, ogni città dovrebbe farsi carico di 2 o 2,5 immigrati ogni 1.000 abitanti. Milano, dunque, dovrebbe ospitare al massimo 3.250 persone. E invece ne ha accolte ben 4 .500. Dunque, se il modello è il capoluogo lombardo, significa che ogni città deve prepararsi a prendere molti più stranieri di quelli inizialmente previsti. Non è un’illazione: è una certezza. Si dà il caso,infatti, che gli sbarchi sulle coste italiane nell’ultimo periodo siamo aumentati notevolmente (del 17% e oltre), motivo per cui il numero complessivo di migranti di cui il nostro Paese deve farsi carico è decisamente superiore a quello inizialmente previsto dal Viminale e dall’associazione dei Comuni. A Milano sono stati gli stessi assessori ed esponenti politici del Pd, nei mesi scorsi, a dire che le strutture di ospitalità erano al collasso. A quel punto, ecco la geniale trovata: facciamo «l’accoglienza diffusa».
Tradotto, significa che i richiedenti asilo in eccesso vengono spartiti tra i Comuni dell’intera provincia, poiché nel capoluogo non ce ne stanno più. Se però gli sbarchi continuano, ben presto anche le città e i paesi del Milanese saranno colmi, e quel giorno non è tanto lontano.
Eppure, il ministro Minniti e il Pd tutto continuano sulla medesima strada. Anzi, hanno addirittura sfilato proprio a Milano – per chiedere più immigrati. Completamente incuranti dei danni che l’invasione ha provocato.
Volete vedere con i vostri occhi come funziona il «modello Milano»? Prendete un treno e scendete alla Stazione centrale. Guardate quanti stranieri bivaccano sul piazzale, come se si trovassero in un campo profughi a cielo aperto, e quanto personale delle forze dell’ordine serve per controllare che non succedano disastri ulteriori oltre a quelli già capitati nei mesi passati. Facciamo qualche esempio?
Lo scorso ottobre, i giornali di mezza Europa hanno dato notizia della sconcertante rissa scoppiata in pieno giorno tra alcune decine di stranieri, che se le sono date di santa ragione mentre i passeggeri appena smontati dai Frecciarossa fuggivano terrorizzati. Ad aprile, un altro folto gruppo di immigrati ha aggredito i militari di pattuglia in stazione per un motivo futile.
COLTELLI E CORDE Verso la fine di maggio, ecco l’ennesimo episodio di violenza. Il ventenne Ismail Tommaso Ben Youssef Hosni ha assalito – armato di coltelli – alcuni poliziotti colpevoli di averlo fermato per un controllo. Secondo Beppe Sala, stimato sindaco di Milano, costui era «italianissìmo», Peccato che fosse figlio di un immigrato dalla Tunisia, e che avesse trascorso gran parte della vita nel Paese del padre. Si trattava, quindi, di un’altra storia di disagio provocato dall’immigrazione. Un disagio che l’attuale governo -tramite lo ius soli ora in discussione -sta tentando di amplificare. E non è mica finita. All’inizio di maggio, un uomo di 31 anni , originario del Mali, è saltato da un muro nei pressi della solita stazione Centrale, dopo essersi legato una corda al collo. Si è impiccato, ed è morto poco dopo essere arrivato all’ospedale. Era in Italia da un anno e mezzo, aveva il permesso di soggiorno per motivi umanitari, rilasciato a Modena. Perché sia arrivato in Lombardia non è chiaro, forse perché contava sull’accoglienza della capitale morale: sperava di trovare un letto’ invece è finito appeso a un cappio. Perché i letti erano al completo. Potremmo andare avanti ancora. Potremmo citare gli omicidi commessi dalle gang sudamericane. Potremmo ricordare il controllore di un treno a cui un cortese signore latino ha amputato un braccio con un machete. Potremmo parlare del racket di mendicanti in giro per la città. Potremmo persino ricordare che a Sesto San Giovanni, a pochi passi da Milano, è stato fermato Anis Amri, l’attentatore jihadista di Berlino.Questo è il«modello Milano»:uno sfacelo. Non contenti di averlo provocato, ora vogliono pure esportarlo.
di Francesco Borgonovo (La Verità)
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