Milano 26 Giugno – Riciclaggio delle acque depurate, tecniche culturali innovative, desalinizzazione: queste le misure necessarie per risolvere una crisi ambientale destinata a peggiorare. Il problema? Serviranno un sacco di soldi.
I modelli climatici regionali a elevata risoluzione, messi a punto in particolare dal Centro Euro Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici – un’istituzione scientifica riconosciuta a livello internazionale che ho promosso dieci anni fa – prevedono che entro i prossimi 30 anni nel bacino del Mediterraneo la temperatura media continuerà a crescere mentre le precipitazioni subiranno una riduzione significativa.
Intervenendo a Watec 2017, il convegno internazionale dedicato alla gestione e alla salvaguardia delle risorse idriche – a Palermo dal 21 al 23 giugno -, ho ricordato gli effetti dell’aumento della temperatura sul ciclo dell’acqua e ho richiamato l’attenzione sull’urgenza di intervenire con misure gestionali e infrastrutturali per prevenire la carenza di acqua, che già stiamo sperimentando, e che entro il 2030 potrebbe ridurre la disponibilità delle risorse idriche a livelli non sostenibili per oltre la metà della popolazione del bacino del Mediterraneo, in particolare in molte regioni della Spagna, dell’Italia, del Nord Africa, del Medio Oriente, della Turchia e della Grecia.
È possibile individuare tre linee principali di azione:
• la gestione efficiente delle acque e il riciclaggio delle acque depurate: a questo proposito sono sconfortanti i numeri degli sprechi nell’Italia centro meridionale (oltre il 60% delle perdite dagli acquedotti) e della carenza di depurazione e riciclo;
• l’introduzione di tecniche colturali per la riduzione dei consumi di acqua nell’agricoltura, con la disseminazione dei sistemi avanzati messi a punto con successo in particolare in Israele;
• la desalinizzazione delle acque con il supporto delle fonti rinnovabili, per la fornitura di acqua soprattutto nell’agricoltura e nei servizi idrici.
Queste misure gestionali e infrastrutturali richiedono importanti investimenti, con la partecipazione di risorse pubbliche e private sulla base di modelli di finanziamento che superino gli schemi inefficienti della spesa pubblica e della tradizionale cooperazione allo sviluppo Nord-Sud.
Gli investimenti nell’acqua sono una misura urgente e prioritaria di adattamento ai cambiamenti climatici e devono far parte di un programma integrato per la crescita economica e dell’occupazione in tutte le regioni del Mediterraneo, come ha ricordato recentemente il Rapporto 2016 delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche mondiali.
Secondo le stime di McKinsey servono investimenti per almeno 11.000 miliardi di dollari nei prossimi 15 anni. I 100 miliardi previsti per il 2020 dal Green Climate Fund dell’Accordo di Parigi impallidiscono di fronte a questi numeri.
È tempo, dunque, che la comunità internazionale, e prima fra tutti l’Unione europea, assumano impegni concreti e misurabili per affrontare ora e subito un’emergenza che potrebbe avere effetti drammatici su intere aree del pianeta, a cominciare dal Mediterraneo. L’instabilità e le migrazioni, che già attraversano il Mediterraneo, sono e saranno sempre di più anche il risultato dell’inazione sui cambiamenti climatici.
Corrado Clini (Linkiesta)
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