Dall’Italia passati soldi per 38.000 jihadisti

Attualità

Milano 5 Luglio – L’analisi dell’antiriciclaggio di Bankitalia sui flussi di capitali sospetti rivela un dato allarmante: nel biennio 2015-2016 sono state segnalate più di un migliaio di operazioni a rischio terrorismo. Palazzo Koch ha definito «mostruosa» la dimensione del fenomeno.

• L’Italia è un Paese di transito. Passano i terroristi, ma soprattutto passano i soldi destinati ai combattenti stranieri e alle organizzazioni terroristiche. L’antiriciclaggio di Bankitalia festeggia i primi dieci anni di vita, per fortuna e purtroppo con numeri da capogiro.

Nonostante le limitate risorse economiche e umane l’Uif (Unità di informazione finanziaria, ndr)dispone ormai di tecniche informative in netto miglioramento e la capacità di seguire i flussi di denaro fin dentro i meandri delle organizzazioni finanziarie occulte.
Tanto che l’anno scorso le operazioni tracciate sono state addirittura più di 100.000. Per fortuna gran parte sono state girate alla magistratura. Purtroppo i numeri rendono il nostro Paese un pericolosissimo hub di smistamento e di transito del sottobosco finanziario.
E non ci riferiamo soltanto alla criminalità organizzata o a quel che rimane della vecchia evasione fiscale nei paradisi fiscali. Adesso cresce vertiginosamente anche il terrorismo. Tra il 2016 e il 2015 le segnalazioni relative ai foreign fighterse alle operazioni collegate a presunti terroristi di matrice islamica sono triplicate. Oltre 1.000 operazioni in due anni, più di 700 nel 2016.
Ma l’esiguità del numero rispetto alla totalità degli interventi dell’Uìf non deve trarre in inganno, perché le 1.000 segnalazioni condivise o provenienti dal gruppo Egmont (l’organizzazione internazionale che combatte il riciclaggio) hanno coinvolto 38.000 sospetti terroristi. «È un dato mostruoso», ha commentato il direttore dell’Uif, Claudio Clemente, a margine della presentazione del consueto rapporto statistico. «I dati», ha detto , «si riferiscono a segnalazioni su soggetti collegati al terrorismo. Sono 38.000 nomi di arabi »,il cui controllo «è un problema serio. Qualche risultato l’abbiamo raggiunto ed è stato trasmesso all’Autorità. Quello che possiamo fare non è moltissimo», ha concluso Clemente, «ma la posta in gioco è così alta che non possiamo fare diversamente». I picchi statistici raggiunti negli ultimi anni sono dovuti anche a una maggiore consapevolezza del rischio. Gli operatori coinvolti, vuoi le banche ma anche i money transfer, i liberi professionisti piuttosto che le sale giochi, grazie alle nuove leggi sull’autoriciclaggio hanno alzato le antenne.

D’altra parte, il 37% delle segnalazioni relative al finanziamento del terrorismo pervenute nel 2016 trae origine da elementi di carattere strettamente soggettivo (soggetti indagati o designati).«Anche dove si riferiscano a nomi già noti agli inquirenti», si legge nella relazione annuale, «le segnalazioni veicolano informazioni che possono rivelarsi preziose per gli approfondimenti finanziari dell’Uìf e per le successive indagini, consentendo di ricostruire reti relazionali con altri soggetti,interessanti tracce finanziarie o altri elementi informativi di utile supporto per le indagini».

Altro dato inquietante. All’incirca un quinto delle segnalazioni sono connesse con anomalie nei rapporti finanziari riferibili a organizzazioni no profit, per lo più collegate a comunità locali di immigrati.

Gli approfondimenti finanziari dell’Uìf sono volti principalmente a valutare la coerenza delle operazioni rispetto alle finalità delle associazioni e alle eventuali motivazioni fornite, anche esplorando le connessioni finanziarie e operative
con le persone a vario titolo alle stesse collegate e le controparti finanziariamente rilevanti.
Sotto il profilo oggettivo, tra le anomalie finanziarie più ricorrenti figurano le operazioni in contanti e i trasferimenti di fondi all’estero, mediante il sistema bancario o il circuito dei money transfer, specie se riguardanti aree geografiche ritenute ad alto rischio di terrorismo in quanto connotate da instabilità politica ovvero limitrofe a quelle dei conflitti. Concorrono a definire le anomalie pure la inconsueta dimensione degli importi, la frequenza delle operazioni, la tipologia e localizzazione delle controparti, la natura della spesa in relazione agli strumenti di pagamento utilizzati.
La reticenza nel fornire informazioni, la presentazione di motivazioni che non appaiono veritiere e di documenti contraffatti rappresentano ulteriori elementi di attenzione per gli operatori. «Specie in relazione alla crescita del fenomeno dei combattenti stranieri, i segnalanti appaiono orientati a rilevare anche indi zi di limitato spessore finanziario, come quelli collegati all’utilizzo delle carte di pagamento (pagamenti all’estero, acquisti on line)», spiega Bankitalia, «e in generale ogni traccia, anche non finanziaria, di mutamenti repentini di comportamento della clientela che possano far sospettare un coinvolgimento in azioni terroristiche».

Le analisi svolte dall’Uif si avvalgono di tutte le informazioni, anche non strettamente finanziarie, cui l’Unità ha accesso e si avvantaggiano di tecniche di network analysis per estendere il perimetro degli approfondimenti e intercettare rapporti finanziari all’apparenza meno rilevanti. Il salto di qualità nella lotta al fenomeno è avvenuto però anche grazie alla creazione di due unità di analisi specializzate.
La prima dedicata esplicitamente ai foreign fighters e l’altra alle tracce finanziarie del traffico di immigrati.
Un segno politico , non solo di presa visione, ma anche di volontà preventiva. Tracciare il denaro è l’unico modo per creare una mappa aggiornata delle organizzazioni di terrorismo islamico. Anni di normative stringenti hanno fornito
ai vari Stati la possibilità di scambiarsi le parti del puzzle e bypassare i confini. I nostri inquirenti hanno poi dimostrato, grazie all’esperienza fatta negli anni di piombo e con la criminalità organizzata, di essere un passo avanti rispetto a molti colleghi Ue.

D’altronde è stata merito della Gdf la prima inchiesta che riuscì a dimostrare il collegamento diretto tra traffico di droga e finanziamento dei talebani.
Le Fiamme gialle con il supporto della polizia spagnola, olandese ed emiratina,tracciarono 12 anni fa i finanziamenti
all’acquisto dei tali wagon (ipick up armati) con i proventi dell’eroina movimentati con il sistema medievale dell’hawala. Oggi la droga è sostituita da un altro prodotto: gli immigrati. Le regioni di destino dei soldi sono cambiate e purtroppo la frequenza dei flussi è aumentata esponenzialmente.
Le sfide sono ancora tutte aperte

Claudio Antonelli (La Verità)

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