Disabile bloccato in casa popolare MM da 15 giorni per ascensore rotto

Milano

Milano 9 Luglio – Bloccati in casa dal 24 giugno perché l’ascensore del palazzo si è rotto. Succede in via Fratelli Rizzardi, Municipio 8 di Milano, quartiere Trenno, periferia nord-ovest della città. Il palazzo è uno di quelli popolari che da due anni è passato a Mm, cioè al Comune. Loro, le persone che da quindici giorni non riescono ad avere una vita normale, sono madre e figlio. Lei, Dina Gammino, ha 64 anni e nella vita fa la mamma di Alessandro Sorrenti, che di anni ne ha 38 ed è disabile sulla carrozzina. “Tutto è iniziato un sabato sera, stavamo tornando da un matrimonio. Siamo entrati nel palazzo all’una meno un quarto, abbiamo chiamato l’ascensore e scoperto che non funzionava. Ho fatto varie telefonate senza risultati, poi dei vicini ci hanno aiutato a fare cinque piani di scale con la carrozzina. Siamo entrati in casa alle due e mezza”, racconta la donna.


Da quel giorno è iniziata l’odissea della famiglia Sorrenti. Dina, donna combattiva che al figlio ha dedicato tutta la vita – “lui è la mia religione, abbiamo girato il mondo, non sarà un ascensore a fermarci” – ha contattato ripetutamente sia Mm che la “Padana Ascensori”, la ditta che è subentrata alla “Ascensori Del Bo”. “Da quando ci sono loro e Mm i problemi sono aumentati. Pensavamo di aver toccato il fondo con Aler, invece siamo caduti ancora più in basso”. Ha scritto anche alla segreteria del sindaco e a quella dell’assessore alla Casa Gabriele Rabaiotti. Ma le hanno risposto che non possono intervenire.

Invece Mm ha appeso la sua risposta all’ascensore: “Si avvisano i gentili utenti che l’impianto è fuori servizio a causa di un guasto. Verrà ripristinato entro il 15 luglio. Ci scusiamo per il disagio”. A Repubblica, però, Mm spiega che per la riparazione servono pezzi nuovi che sono già stati ordinati all’estero e che arriveranno “entro il 20 luglio”. Cioè altri dodici giorni così, costretti a chiedere aiuto ad amici e vicini di casa. “È frustrante pesare sugli altri, soprattutto se è per difficoltà che non dipendono da te”, si sfoga Dina, che per alcune notti ha dormito col figlio a casa di un’amica a Cesano Boscone. “Non ne potevamo più. Dopo quattro giorni chiuso in casa Alessandro stava impazzendo, aveva sempre giramenti di testa”.

Ma le risposte più sconfortanti Dina le ha ricevute da “Padana Ascensori”. L’ultimo scambio di sms è di giovedì sera quando, dopo ripetute telefonate, l’azienda le ha scritto chiedendo di contattarli “prima possibile per concordare gli orari per domani mattina” (ieri, ndr) per l’invio di un tecnico, l’ennesimo – in questi quindici giorni gli ascensoristi mandati qui sono stati due o tre. Dina: “Ho chiamato e non ho trovato nessuno, aspetto di sapere a che ora questa sera posso salire a casa”. Poi più nessuna risposta fino a ieri mattina, quando la ditta le scrive di nuovo: “Può richiamare a questo numero?”. Trovano un accordo. Il tecnico arriva alle 13.30, dice che non può far nulla per sistemare l’ascensore ma con un escamotage riesce a farlo funzionare per un unico viaggio. Così riporta in casa Alessandro. È un favore che fa ai due, dice che fino a quando non arrivano i nuovi pezzi l’ascensore non potrà essere riparato. Poi commenta: “È un esemplare vecchio di almeno 30 anni e, da quel che vedo, non è mai stato sostituito”.

Per Alessandro e Dina queste giornate sono state un inferno. Lui, che lavora quattro ore al giorno, da cinque anni, per un’associazione di Rho-Fiera, non è potuto andare al lavoro.

 “Perderò anche i soldi, da quando sono stato assunto non ho mai saltato un giorno”, racconta. E ha dovuto rinunciare anche alle attività pomeridiane, come andare in piscina o al parco usando una bicicletta che, attaccata alla carrozzina, gli permette di pedalare. “Non facciamo più niente, eppure per lui è importante mantenere le sue abitudini quotidiane come fare sport. E anch’io sono molto più stanca, visto che sono sola a gestirlo”.

Aggiornamento: 
MM, in una nota inviataci, precisa: “La ditta ci ha garantito il ripristino entro e non oltre il 12 luglio. Data a cui ci sentiamo di aggiungere un paio di giorni, per sicurezza”.

Chiara Baldi (Repubblica)

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