Gioco d’azzardo in Italia, perché nessun nuovo casinò ma tanti piccoli centri?

Attualità

Milano 11 Luglio – L’Italia è un Paese contraddittorio. Forse uno degli aggettivi più usati per descrivere la penisola, che a volte mostra tutto e il contrario di tutto. E il gioco d’azzardo ne è uno degli esempi migliori, con una parte dei cittadini che continuano a spendere cifre considerevoli e un’altra impegnata nella lotta contro il gambling. In una realtà sempre più complicata.

Lo spunto per una riflessione arriva da una recente dichiarazione di Viviana Beccalossi, assessore al Territorio della Regione Lombardia, riportata da GiocoNews: “Un casinò nuovo non si apre da decenni, ma le sale slot e vlt sì”. In effetti un bel controsenso per un Paese che ha ostracizzato le case da gioco, spedendole o oltre il confine (Saint-Vincent, Campione) o in luoghi decentrati della penisola (Venezia, Sanremo). Senza pensare a costruire una struttura per l’Italia meridionale, che pure è molto dedita all’azzardo, o per il Lazio, altro fulcro delle scommesse italiane. L’avversione per la costruzione di casinò non è però accompagnata da una politica contraria a piccoli centri in cui installare slot machine. Commettendo un forte errore di valutazione, se l’idea di base era non mettere la tentazione dell’azzardo vicino ai cittadini.

A Roma sono presenti più di 20.000 macchinette, a Milano e Napoli 15.000. Tutte sparse in piccole sale, spesso in punti strategici per i gestori. È naturale che chi desidera diminuire l’impatto del gioco d’azzardo patologico sulla vita di migliaia di cittadini ha come primo obiettivo l’allontanamento dei centri scommesse dai punti sensibili. L’introduzione del distanziometro a 500 metri da ospedali, scuole e luoghi di interesse sociale può dare una spinta in questo senso, ma bisogna remare nella stessa direzione. Il governo infatti ha tentennato a più riprese, forte dei 10 miliardi di euro annui che il settore porta nelle casse dell’erario. Una cifra a cui l’economia italiana non sembra poter rinunciare, soprattutto nella situazione attuale. In barba alle richieste degli enti locali, che non riescono a trovare un accordo nelle varie conferenze.

Il fatto curioso è che il modello italiano rimane un esempio per l’estero, come racconta GamingReport. In effetti la legislazione ha permesso di portare chiarezza e affidabilità all’online, settore molto delicato. Il controllo di AAMS ha portato alla chiusura di decine di siti “.com”, e quindi illegali. Casi come FullTiltPoker negli Stati Uniti non si sono mai verificati nel nostro Paese, in cui la sorveglianza è più stretta. Bisognerà capire ora se le nuove disposizioni legislative, come l’aumento del prelievo fiscale e la diminuzione degli apparecchi, permetteranno all’industria di rimanere in salute. L’aspetto più complicato è trovare un equilibrio tra chi vuole avere il diritto di giocare e chi teme gli eccessi. Con in mezzo la questione economica e lavorativa, perché non bisogna dimenticare i circa 400.000 addetti ai lavori che potrebbero subire un forte ridimensionamento nel caso in cui il settore crollasse. A vantaggio del gioco illegale, che con l’intensificarsi del controllo statale ha perso clienti e denaro. il finale di quest’inghippo è aperto a mille soluzioni, non tutte felici per i giocatori e lo Stato italiano. Bisognerà saper puntare sull’ipotesi giusta.

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