Superato il test inventato negli anni ’70 da Gordon Gallup. Il cavallo si specchia.

Zampe di velluto

Come scimmie e delfini riconosce la sua immagine riflessa.  Non è solo intelligente, ha coscienza e consapevolezza di sé.

Gli animali si riconoscono allo specchio? Il mio gatto, assai più intelligente di tanti esseri umani di mia conoscenza, quando lo metto davanti alla specchiera sembra volermi dire: che noia, di nuovo qui a farmi vedere riflesso, cosa vuoi che faccia le smorfie o che mi trasformi in una tigre? Chi ha la fortuna di vivere con un micio gli attribuisce un ‘intelligenza sofisticata, eppure secondo gli studiosi solo i delfini, gli elefanti, le gazze e alcune grandi scimmie si riconoscono guardandosi allo specchio. I cani per esempio pur essendo «creature intelligenti e molto adattabili, non possiedono lo sviluppo cognitivo necessario», spiega Liz Stelow, etologa del Veterinary Medical Teaching Hospital della University of California. Perché, come dice l’esperta di psicologia animale Diana Reiss, «l’auto-riconoscimento richiede la capacità di mettere assieme una considerevole mole di informazioni su se stessi e su ciò che si osserva nello specchio».

La prova allo specchio, invenzione nel 1970 di Gordon Gallup, resta il chiodo fisso di etologi e studiosi di animali. Gli ultimi amici a quattro zampe sottoposti all’esame sono dunque i cavalli. Che fossero intelligenti non serviva il test, già nel 2010 la zoologa Susanne Shultz lo poneva al secondo posto in questa speciale classifica evolutiva, immediatamente dopo le scimmie. Merito delle sviluppate competenze cognitive e percettive richieste dal loro complesso sistema sociale. I risultati presentati venerdì scorso (9 giugno) al Museo di Storia Naturale dell’Università di Pisa dicono che hanno pure una spiccata consapevolezza. Il gruppo di studiosi ha sottoposto il cavallo all’esame applicando un segno sul corpo dell’animale per osservare il suo comportamento di fronte allo specchio. Dei quattro cavalli testati tre hanno interagito con la marcatura, grattandosi più spesso la guancia sinistra quando c’era il segno colorato rispetto a quando era marcata con quello trasparente. Inoltre, uno di questi tre ha mostrato un forte interesse anche quando le marcature sono state invertite e il segno colorato si trovava a destra. Vero è che «solo uno, dei tre cavalli, ha provato a pulirsi anche a destra. Ma durante l’esperimento entravano nel paddock con lo specchio dal lato sinistro e sappiamo che i cavalli possono essere lateralizzati», ovvero preferire un lato all’altro proprio come noi siamo mancini o destri mani ». Oppure gli altri erano assai più intelligenti da non volerci cascare…

«La difficoltà di rimuovere la marcatura potrebbe indurre nei cavalli stati d’ansia e frustrazione, che inevitabilmente ridurrebbero la motivazione a rimuovere il segno colorato, nonostante questo possa essere perfettamente percepito sul proprio corpo», conferma Paolo Baragli, primo autore dello studio. Per questo sono già stati condotti nuovi test, su più cavalli,in uno spazio perfettamente simmetrico -per tener conto della lateralizzazione -e modificando l’esperimento in modo da tener conto dell’anatomia dei cavalli. Dopo aver esplorato a lungo, annusando e toccando lo specchio, i cavalli andavano dietro per controllare se ci fosse un loro simile. «lo sono convinta, guardandoli, che abbiano capito», dice Elisabetta Palagi che ha firmato lo studio.«Sentivano un odore, ed era il loro, poi andavano dietro allo specchio e non trovavano nessuno». Ripetuto il test con lo specchio coperto, non andavano dietro a indagare. Avevano annusato aria di trabocchetto. Ovviamente.In natura i cavalli vivono in branco e hanno bisogno di capire le differenze tra sé e gli altri per trovare la propria posizione sociale. Per questo Palagi e colleghi hanno scelto animali che vivono insieme, liberi di interagire tra loro in un grande recinto. Con cavalli che trascorrono la vita in un box, senza possibilità di comunicare davvero con i propri simili, questo risultato non sarebbe possibile. «Non potremmo usarli come esperimento, quanto piuttosto come forma di controllo per confermare che se hai dei contatti sociali esprimi un certo comportamento, altrimenti no.

Hai coscienza di te perché ti misuri con gli altri e i cavalli stabiliscono amicizie a lungo termine, come noi e le scimmie», ricorda Palagi. «La letteratura sugli scimpanzé ci dice lo stesso: quelli cresciuti in isolamento non si riconoscono allo specchio. Avere un cervello complesso è importante ma lo è anche il contesto sociale in cui ci si sviluppa». Il test dello specchio era stato pensato per gli scimpanzé, in quasi 50 anni molte specie si sono cimentate, dai delfini alle formiche . Tuttavia gli scienziati sono divisi sul fatto che hanno coscienza solo se si riconoscono allo specchio. Sul mondo animale resta il mistero. Quante volte ci siamo chiesti che cosa passa veramente nella loro testa? Se l’è chiesto anche Charles Foster, in “L’animale che è in noi”, che per darsi una risposta ha scelto di vivere davvero come una creatura selvaggia, sperimentando cosa vuol dire appartenere a un’altra specie. Un’esplorazione affascinante, un invito a entrare in connessione con la natura, a essere un animale per diventare un uomo migliore.

DANIELA MASTROMATTEI (Libero)

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