Per una paga da 150 euro al mese deve versarne 8 mila di quota sociale alla cooperativa

Milano

Milano 24 Agosto – Pagare per lavorare. Oltre 8 mila euro da versare al datore di lavoro per riceverne 150 al mese. Suona come un incubo, ma è capitato davvero. La vicenda risale al 2016 ma ha prodotto i suoi sconcertanti effetti soltanto poche settimane fa, quando è approdata al Servizio vertenze legali dalla Camera del lavoro di Milano. Una donna di 52 anni, con la necessità di integrare un reddito familiare tutt’altro che pingue, in maggio trova lavoro presso la Cooperativa Morelli: dovrà occuparsi delle pulizie in una boutique in via della Spiga. Si tratta soltanto di sette ore alla settimana, quanto basta per mettere insieme poco più di 150 euro al mese. Meglio di niente, e poi lascia tempo libero per cercare qualcos’altro. Così la signora accetta, anzi firma un contratto, addirittura un’assunzione a tempo indeterminato.

Il rapporto di lavoro, però, si interrompe dopo sei mesi, in ottobre 2016, alla scadenza dell’appalto per le pulizie nella boutique. Ma è soltanto nel luglio scorso che la signora riceve la sorpresa: una lettera formale della cooperativa che le ricorda, anzi le sollecita il saldo della «quota sociale», sottoscritta — ricorda la lettera — all’atto dell’assunzione: 8.250 euro. A riprova della correttezza formale dell’operazione, la cooperativa precisa anche che — per effetto di una riduzione del capitale sociale — la somma si è nel frattempo ridotta a 6.904,66 euro, che, «al fine di agevolare il versamento» potranno essere versati a rate, previa però «formale richiesta indirizzata al consiglio di amministrazione». E nell’ultimo paragrafo il monito: la signora dovrà dare «positivo riscontro« entro 15 giorni, altrimenti la società passerà alla via giudiziaria «con aggravio di costi a suo carico».

La signora non ci crede, non può essere: non è possibile che per prendere 150 euro se ne debbano versare 8 mila. E così si presenta al Servizio vertenze della Cgil milanese. «Non è una situazione normale — spiega Angelo Di Dedda, responsabile dell’ufficio — perché è vero che le cooperative chiedono una quota associativa annuale, ma si tratta di importi poco più che simbolici, da 50 a 150 euro». In effetti, appare piuttosto strano che per portare a casa pochi soldi, facendo le pulizie all’alba, una lavoratrice sia anche pronta a sborsare oltre 8 mila euro per «associarsi» al suo datore di lavoro. «Abbiamo respinto e dichiarato illegittima e pretestuosa la richiesta — aggiunge Di Dedda —. Quindi chiediamo alla cooperativa Morelli un ravvedimento, altrimenti siamo pronti ad andare in giudizio». E i legali della Cgil si riservano anche di valutare eventuali risvolti penali.

«Nella Milano che viaggia a due velocità si rischia di trovare condizioni contrattuali che vanno oltre la precarietà — commenta il segretario della Camera del lavoro, Massimo Bonini —. Questa vicenda conferma la necessità di controlli più puntuali su soggetti che della cooperativa hanno davvero poco. E poi — conclude — colpisce molto il fatto che tutto ciò avvenga in un appalto nel quadrilatero della moda, dove si dovrebbero esigere condizioni trasparenti».

Giampiero Rossi (Corriere)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Moderazione dei commenti attiva. Il tuo commento non apparirà immediatamente.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.