Milano 11 Settembre – “Nella sfida contro il terrorismo internazionale e il radicalismo jhiadista, che pensa di poter uccidere nel nome di Dio, è fondamentale che ci sia un dialogo che dica che questo è inaccettabile: se vogliamo combattere chi uccide nel nome di Dio, oltre che mettere in campo tutte le misure che spettano al ministro dell’Interno, bisogna accettare la sfida ultima che si pone, che è morale, culturale e religiosa”. Così il ministro dell’Interno, Marco Minniti, è intervenuto all’apertura della Giornata europea della cultura ebraica alla Sinagoga di Milano, parlando della minaccia terroristica. “Siamo in una fase della storia in cui è importante che ci sia dialogo, sopratutto interreligioso. Ma questo deve avere due capisaldi: non si perseguita nessuno nel nome di Dio e non si uccide nessuno nel nome di Dio. Sembrano cose scontate ma non lo sono”, afferma Minniti.
Ci hanno messo solo sedici anni, dopotutto. Dall’11 Settembre 2001 ad oggi, finalmente, qualcuno, forse il migliore ministro della Sinistra di anni recenti, ha avuto un tragico sospetto. Ma vuoi vedere, me lo immagino mentre ha la rivelazione, ma vuoi vedere che questi che ammazzano urlando Allah è grande, rivendicandolo in nome dell’Islam e, di recente, fondando interi stati su una lettura teologicamente radicale della cosiddetta religione di pace, magari lo fanno davvero in nome di Dio? Miracolo. Sì, certo, dirlo in una Sinagoga, a Milano, magari non era esattamente il posto più dirompente per una dichiarazione del genere. Credo che gli Ebrei, un po’, lo avessero sospettato. E, soprattutto, tra tutti i popoli della terra, sono probabilmente gli unici a non avere mai avuto grossi dubbi. A dirlo in una moschea, magari, si otteneva di più. Solo che un Ministro degli Interni che andasse a dire cose del genere in strutture del genere, soprattutto a Milano, quasi sempre abusive, sarebbe stato abbastanza peculiare. Così tocca accontentarsi.
Accontentarsi di una rivelazione storica. No, questa gente non uccide perché cento anni fa li abbiamo colonizzati. Centocinquanta, tra l’altro. E non necessariamente noi. Non lo fanno con rivendicazioni geopolitiche, di base. Non vogliono il ritiro dagli Usa dall’Arabia Saudita perché vogliono un controllo maggiore sul Golfo Persico. Per loro Medina non è un luogo militarmente strategico. No. Lo fanno per Dio. In nome di Dio. E Minniti chiede, con forza, che ci si accordi sul fatto che in nome di Dio la si smetta di uccidere. Ripeto, chiederlo a degli Ebrei non mi pare particolarmente utile, ma tant’è. Almeno abbiamo fatto un passo avanti. Forse tra altri sedici anni vedremo qualcuno chiederlo a degli Imam…
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,