Gli immigrati si mobilitano: «Fateci restare in caserma». I residenti: «Devono andarsene»
Milano 13 Settembre – I profughi ospitati nella caserma Montello di via Caracciolo non vogliono andarsene. Il protocollo che ha trasformato la struttura in un centro d’accoglienza, infatti, scadrà il 31 dicembre, data in cui gli immigrati dovranno lasciare spazio ai lavori che trasformeranno la caserma in una “Cittadella della sicurezza”. «Ci sentiamo trattati come pacchi postali e ci stanno mancando di rispetto»,protestano i migranti. Mentre dal comitato “Giù le mani dalla Montello” spiegano che «patti sono chiari e dovranno essere rispettati». Se la notte del 31 ottobre dello scorso anno erano stati veloci a varcare di nascosto il cancello della caserma Montello di via Caracciolo, ora i profughi, in odore di trasloco, puntano i piedi: «Da qui non ce ne vogliamo andare» è il succo di quanto si legge nella lettera titolata «Non siamo pacchi postali», firmata dai “Black Panthers” sotto chiara dettatura del comitato “Zona 8 solidale”. Per intenderci, i portavoce sono gli stessi collettivi che in occasione dell’arrivo degli immigrati organizzarono una grande festa di benvenuto, condita dagli insulti alla Polizia cantati da un rapper africano.
Ora, però, la scadenza del protocollo che ha trasformato la Montello in un centro di accoglienza si sta avvicinando. Il 31 dicembre, infatti, i 350 richiedenti asilo gestiti dalla Fondazione Fratelli di San Francesco, dovranno fare le valigie e andare altrove. Per fare spazio ai lavori che daranno vita alla “Cittadella della sicurezza”, ovvero alla nuova caserma della Polizia di Stato che ora ha sede in piazza Sant’Ambrogio.
Dove verranno dirottati i migranti, tra cui (lo ricordiamo) non ci sono siriani, ancora non si sa, perché dalla Prefettura specificano che «parlarne ora è prematuro», anche se tutto lascia presagire che si cercherà di smistarli nei vari Comuni dell’area metropolitana. Ma a questo punto sorge un altro interrogativo, perché più di 50 sindaci dell’hinterland hanno già espresso a chiare lettere il loro veto ad accogliere altri profughi, rifiutandosi di firmare il protocollo sull’accoglienza stipulato tra Prefettura e Ministero dell’Interno lo scorso maggio. Intanto, nell’indecisione, gli ospiti della Montello hanno deciso di alzare la voce, rifiutandosi di «subire decisioni calate dall’alto»e parlando addirittura di una «profonda mancanza di rispetto sia nei nostri confronti, perché come sempre veniamo relegati nel ruolo di capi di bestiame, sia in quelli di tutti quei cittadini che si sono fatti in quattro per fare la differenza in un Paese che sprofonda nella paura e nel razzismo».
Al netto di feste aperte solo ad Arci e centri sociali, con “Bella ciao”, balli e tornei di calcio a fare da contorno, in quest’anno di convivenza tra il quartiere e gli immigrati, non tutto è filato liscio. Anzi. «Il quartiere da quando ci sono i richiedenti asilo è più insicuro. Ma ora l’aria tornerà a cambiare», spiega Achille Canevari, presidente del comitato “Giù le mani dalla Montello”. Che, a proposito della protesta dei profughi che non vogliono lasciare la caserma, attacca: «Gli accordi sono chiari e vanno rispettati. Finora siamo stati gentili ed educati, e continueremo ad esserlo, ma ora basta prese in giro. Persino a sinistra hanno capito che il numero dei migranti in città è troppo alto». Mentre Silvia Sardone, consigliere comunale di Forza Italia, si chiede «cosa intenda fare il Comune, perché questo atteggiamento passivo sul futuro della caserma lascia intendere che non abbiano soluzioni sul dove dislocare gli immigrati, che considerano la caserma casa loro e non vogliono essere traslocati». Ricordando che «se i tempi non saranno rispettati c’è il rischio forte che Milano perda un’occasione unica, visto che la caserma deve essere liberata per iniziare i lavori per la realizzazione della “Cittadella della Sicurezza”» .
Per non farsi mancare nulla, poi, settimana prossima ancora non si sa esattamente quando -“Zona 8 solidale” ha fissato «una grande assemblea di quartiere per decidere cosa fare».
Massimo Sanvito (Libero)
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