Milano 17 Settembre – Se Fiano volesse davvero, cosa che non crederò mai, combattere il ritorno del fascismo, più che il saluto romano, dovrebbe tentare di chiudere l’ANPI. Fallirebbe comunque, ma il risultato sarebbe certamente migliore. Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una escalation di odio, rancore e sopraffazione come raramente era avvenuto in precedenza. Prima, il divieto a Povia di cantare. Poi l’assurda e squallida polemica sulla targa a Giuseppina Ghersi. Una tredicenne che, secondo l’ANPI Savona, era “organica” alle Brigate Nere. E quindi non meriterebbe pietà. Né, tanto meno, una targa alla memoria. Ora, che a 13 anni si possa essere organici ad un corpo militare è discutibile, che stuprarla ed ucciderla abbia a che fare con la giustizia è da escludersi. E ricordare gli abissi della depravazione dovrebbe aiutarci a non caderci più. O no? No. Il sospetto di fascismo è sufficiente per la damnatio memoriae. E così, la prima vittima, è l’umana pietà. La Ghersi non la merita. E non la meritano neppure i militi della RSI, che riposano al Campo X. La Rozza ha proposto al Comune di mettere una corona di fiori anche a loro. Per ricordare che, nonostante tutto, anche loro sono stati degli esseri umani. Anche loro erano Italiani. Ma no, questo non è accettabile. Riconoscerli come esseri umani per i partigiani, o chi per loro, è un affronto. Un insulto. Un intollerabile atto revisionista. I militi della RSI, per loro, sono qualcosa a metà tra gli alieni e i demoni. Non combattevano in una guerra civile, erano i militi Celesti che combattevano Satana e gli Angeli ribelli. Sono santi, martiri e giusti non contro i peccatori. Affatto. Contro draghi e diavoli. Ovviamente, questo è un delirio mistico. E non attiene né alla storia, né alla politica. Attiene alla psichiatria.
Alla politica, invece, attiene la semplice e banale considerazione che ha fatto la Rozza: se quella corona, con discrezione e senza riflettori, non la mette il Comune ci penseranno i camerati. Se lo stato non mostra pietà, questa sarà monopolio esclusivo dell’antistato. Si può dire quel che si vuole sull’antifascismo istituzionale, ma se lo si considera una scelta sacrosanta, allora togliere spazi e alibi agli avversari è vitale. Ma, se l’antifascismo istituzionale è quello che l’ANPI dice di voler difendere, non è davvero un loro alleato. È più un problema. Perché li rende dei residuati storici. Pezzi da museo. Gli impedisce di ingerire nella vita pubblica. Quindi, perché fare cose ragionevoli? Meglio, molto meglio, provocare. Non mostrare pietà e rispetto per i morti. Poi godersi la reazione e rilanciarsi come unico baluardo contro il fascismo di ritorno. Che tutto questo faccia bene al Paese, sembra non importargli. Ma questo non sorprende. Dopotutto, questa terra benedetta, non ha mai conosciuto la giustizia.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,